Patologia mammaria
Martedì, 16 Marzo 2021

Facciamone una questione di stato ma linfonodale, non recettoriale

A cura di Fabio Puglisi

Lo stato dei recettori ormonali, infatti, non influenza in modo significativo il beneficio a dall’impiego del doppio blocco anti-HER2. I risultati aggiornati dello studio APHINITY evidenziano un vantaggio clinicamente e statisticamente significativo dall’aggiunta del pertuzumab alla combinazione di chemioterapia e trastuzumab in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo con stato linfonodale positivo, indipendentemente dall’espressione dei recettori ormonali.

Piccart M, et al. Adjuvant Pertuzumab and Trastuzumab in Early HER2-Positive Breast Cancer in the APHINITY Trial: 6 Years' Follow-Up. J Clin Oncol 2021 (Epub ahead of print)

In pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce, lo studio APHINITY, inizialmente riportato al follow-up mediano di 45 mesi, mostrava un miglioramento in termini di invasive disease–free survival (IDFS) (hazard ratio 0.81 [95% CI, 0.66 to 1.00], P = .045) con l’aggiunta di pertuzumab alla combinazione di chemioterapia e trastuzumab adiuvante.  Nello specifico, il vantaggio era stato osservato nei sottogruppi con linfonodi positivi o con recettori ormonali negativi. 

Lo studio nel frattempo ha maturato un follow-up di 74 mesi e, pertanto, sono stati riportati l’aggiornamento in termini di IDFS e la seconda analisi ad interim prepianificata di overall survival (OS).

Popolazione: 4805 pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo con linfonodi positivi o con linfonodi negativi ad alto rischio.

Randomizzazione (1:1): aggiunta di 1 anno di pertuzumab o di placebo al trattamento standard con chemioterapia e trastuzumab per 1 anno.  

L’analisi di IDFS, basata su 508 eventi (intent-to-treat population) ha mostrato un hazard ratio di 0.76 (95% CI, 0.64-0.91) e una IDFS a 6 anni del 91% e dell’88% rispettivamente nel braccio con pertuzumab e in quello con placebo. 

Il sottogruppo con stato linfonodale positivo ha continuato a mostrare un beneficio significativo in IDFS dall’aggiunta del pertuzumab (hazard ratio 0.72 [95% CI, 0.59-0.87]; IDFS  a 6 anni: 88% vs. 83%). Il beneficio non è stato osservato nel sottogruppo con linfonodi positivi.  

Relativamente allo stato dei recettori ormonali, l’hazard ratio per eventi di IDFS con l’aggiunta di pertuzumab è stato di 0.73 (95% CI, 0.59-0.92) in pazienti con stato recettoriale positivo e di 0.83 (95% CI, 0.63-1.10) nel sottogruppo con recettori ormonali negativi. 

L’analisi ad interim dell’OS che ha confrontato pertuzumab verso placebo non ha raggiunto la significatività statistica (P = .17, hazard ratio 0.85). L’ OS a 6 anni è stata del 95% e del 94% con 125 (5.2%) e 147 (6.1%) morti, rispettivamente nel braccio sperimentale e nel braccio placebo. 

La percentuale di eventi cardiaci è rimasta pari all’1% in entrambi i bracci dello studio. Non sono emerse nuove tossicità.

La seconda analisi time-driven prepianificata dello studio APHINITY ha confermato un beneficio in termini di invasive disease free survival con l’aggiunta del pertuzumab al trattamento adiuvante standard con chemioterapia e trastuzumab in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce. Il beneficio è stato osservato in pazienti con stato linfonodale positivo, indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali. 

I dati di OS sono ancora immaturi, con solo il 42.5% dei 640 eventi richiesti per l’analisi finale.  Di rilievo il fatto che la sopravvivenza a 6 anni è vicina al 95% in entrambi i bracci dello studio, pur avendo incluso una popolazione ad alto rischio. La terza analisi time-driven è pianificata per il 2022, la event-driven a 640 eventi. 

I risultati dello studio vanno contestualizzati alle attuali strategie terapeutiche che, anche a seguito dei risultati dello studio KATHERINE, prevedono sempre più spesso il ricorso ad una terapia neoadiuvante riservandosi l’impiego del T-DM1 nei casi di residuo di malattia (non pCR).