Patologia mammaria
Martedì, 11 Novembre 2014

Quando la fase III non conferma la II: iniparib e carcinoma mammario "triple negative"

A cura di Fabio Puglisi

Uno studio randomizzato di fase II aveva evidenziato un beneficio dall'aggiunta dell'iniparib alla chemioterapia (gemcitabina/carboplatino) in pazienti con carcinoma mammario avanzato "triple negative".

Lo studio di fase III, disegnato per confermare tali risultati, ha fallito l'obiettivo. Proviamo a capirne di più attraverso la lettura del lavoro in extenso.

O'Shaughnessy J, et al. Phase III Study of Iniparib Plus Gemcitabine and Carboplatin Versus Gemcitabine and Carboplatin in Patients With Metastatic Triple-Negative Breast Cancer. J Clin Oncol 2014 [Epub ahead of print]

L'iniparib è un agente antitumorale per il quale era stata inizialmente ipotizzata un'attività come inibitore dell'enzima poly(ADP-ribose)polymerase (PARP). Successivamente, sulla base di studi preclinici, tale meccanismo d'azione è stato rivisto, suggerendo che l'iniparib sia un profarmaco la cui conversione in metabolita attivo è in grado di generare la produzione di specie di ossigeno con potenziale citotossico.

Uno studio randomizzato di fase II aveva dimostrato un vantaggio in termini di clinical benefit rate, progression-free survival e overall survival dall'aggiunta dell'iniparib alla chemioterapia con gemcitabina e carboplatino in pazienti con carcinoma mammario metastatico "triple negative".
Allo scopo di confermare formalmente la superiorità in efficacia del trattamento con gemcitabina/carboplatino/iniparib verso la sola chemioterapia (gemcitabina/carboplatino), è stato condotto uno studio di fase III randomizzato.


Criteri di eleggibilità:
Carcinoma mammario "triple negative"
Numero di linee per la malattia metastatica ≤ 2

Bracci di trattamento:

  • Sperimentale: gemcitabina 1000 mg/m2 e carboplatino 2 AUC (giorni 1 e 8) + iniparib 5.6 mg/kg (giorni 1, 4, 8, e 11) q21.
  • Controllo: gemcitabina 1000 mg/m2 e carboplatino 2 AUC (giorni 1 e 8) q21.

Dopo la progressione, alle pazienti in trattamento con gemcitabina/carboplatino era consentito il crossover.

Coprimary endpoints: OS and PFS.

 

519 pazienti hanno partecipato allo studio:

  • 261 assegnate al braccio sperimentale
  • 258 asssegnate al braccio di controllo

Relativamente all'analisi primaria, non è stato osservato alcun beneficio dall'aggiunta dell'iniparib alla chemioterapia:

  • Hazard ratio per OS: 0.88; 95% IC 0.69-1.12;
  • Hazard ratio per PFS: 0.79; 95% IC 0.65-0.98;

Un'analisi esploratoria ha mostrato un vantaggio nel sottogruppo di pazienti trattate in seconda/terza linea:

  • Hazard ratio per OS: 0.65; 95% IC 0.46-0.91
  • Hazard ratio per PFS: 0.68; 95% IC 0.50-0.92

L'iniparib è stato ben tollerato, non causando tossicità aggiuntiva.

L'aggiunta dell'iniparib alla chemioterapia con gemcitabina/carboplatino non migliora l'outcome di pazienti con carcinoma mammario "triple negative".

Altro esempio di studio di fase III che non conferma le promesse di uno studio di fase II.

E' noto che nelle fasi di sviluppo dei farmaci, più del 50% dei fallimenti sono legati alla mancata dimostrazione di efficacia. Circa il 60% degli studi di fase II non arriva alla fase III per mancata dimostrazione di efficacia. Per lo stesso motivo, poco più del 50% degli studi di fase III non porta all'immissione in clinica degli agenti sperimentali (Arrowsmith J, Miller P. Trial watch: phase II and phase III attrition rates 2011-2012. Nat Rev Drug Discov 2013).

Quali ipotesi per il mancato beneficio in OS e PFS?

  • Nel complesso, le caratteristiche pre-trattamento nella popolazione intention-to-treat, incluso il DFI, era ben bilanciate tra i due gruppi. Tuttavia, fra le pazienti trattate in prima linea, un 10% in più aveva un DFI ≤18 mesi. Sebbene il DFI sia un importante fattore prognostico (OS mediana: 8.7 months fra le pazienti con DFI ≤18 mesi e 13.6 mesi fra le pazienti con DFI >18 mesi), tale sbilanciamento in DFI tra i due bracci di trattamento ha un impatto modesto (HR di OS aggiustato per DFI = 1.01 [95% IC, 0.76-1.3]).
  • Il crossover ad iniparib è avvenuto nel 62% delle pazienti inizialmente assegnate al braccio con la sola chemioterapia. Tuttavia, è improbabile che il crossover abbia influenzato i risultati poichè sia la coorte di pazienti in prima linea che quella in seconda/terza linea hanno ricevuto una mediana di soli due cicli di terapia con iniparib dopo la progressione. 

Nessuna delle due appare una spiegazione plausibile. Inoltre, rimane da identificare la chiave di lettura di quando osservato in seconda e terza linea. 

Lo studio, va ricordato, non andava oltre la definizione di triple negative, non essendo disponibile alcuna informazione sullo stato di BRCA.