Patologia mammaria
Mercoledì, 05 Giugno 2019

Take-home message: overall survival

A cura di Fabio Puglisi

Accoppiata ASCO 2019 e NEJM per lo studio MONALEESA-7. Ci portiamo a casa un vantaggio significativo in overall survival. 

Im S, et al. Overall Survival with Ribociclib plus Endocrine Therapy in Breast Cancer. N Engl J Med 2019 (ahead of print).

Ad oggi, sebbene diversi studi avessero dimostrato un vantaggio significativo in progression free survival (PFS) dalla combinazione di endocrinoterapia e inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti 4/6 (CDK 4/6) per il trattamento delle forme avanzate di carcinoma mammario luminale, l’evidenza di un vantaggio significativo in overall survival non era ancora stata riportata.

Il MONALEESA-7 è uno studio di fase 3 che ha valutato il ruolo dell’aggiunta di ribociclib al trattamento antiormonale in pazienti pre- perimenopausali con carcinoma mammario avanzato HER2-negativo e con espressione dei recettori ormonali.
Disegno dello studio: internazionale, randomizzato, di fase 3, in doppio cieco, placebo-controlled.

La randomizzazione (1:1) prevedeva l’assegnazione a uno dei seguenti bracci di trattamento

  • Ribociclib 600 mg die per os nei gg 1-21 q28 + terapia antiormonale (goserelin 3.6 mg sottocute q28 associato a un inibitore dell’aromatasi non steroideo, anastrozolo 1 mg die o letrozolo 2.5 mg die, o a tamoxifen 20 mg die)
  • Placebo + terapia antiormonale (goserelin 3.6 mg sottocute q28 associato a un inibitore dell’aromatasi non steroideo, anastrozolo 1 mg die o letrozolo 2.5 mg die, o a tamoxifen 20 mg die)

La scelta del trattamento endocrino era su base clinica. Il crossover non era concesso.

Stratificazione: presenza/assenza di metastasi epatiche o polmonari, precedente chemioterapia per malattia avanzata (sì o no), e tipo di endocrinoterapia (tamoxifen + goserelin o inibitore dell’aromatasi + goserelin).

I risultati riguardo all’endpoint primario (PFS) erano stati già riportati (Tripathy D, et al. Lancet Oncol 2018; 19: 904-15). La presente analisi riporta i risultati riguardo all’endpoint secondario overall survival (OS), definito come il tempo dalla randomizzazione alla morte per qualsiasi causa.
L’OS è stata valutata mediante un log-rank test stratificato e riportata con il metodo di Kaplan–Meier.
Le analisi di sottogruppo in base alla terapia endocrina erano prespecificate a patto che si fosse ottenuto un vantaggio significativo in OS nella popolazione intention-to-treat.
Inoltre, è stata effettuata un’analisi esploratoria della PFS in seconda linea, definita come il tempo dalla randomizzazione fino al primo evento progressione o morte occorso in pazienti che stavano ricevendo una seconda linea di trattamento.
É stato anche analizzato il tempo dalla randomizzazione all’avvio della prima chemioterapia dopo l’’interruzione del trattamento in studio.

In totale, la popolazione intention-to-treat ha incluso 672 pazienti. Si sono verificati 83 eventi morte tra le 335 pazienti (24.8%) del gruppo ribociclib e 109 morti tra le 337 pazienti (32.3%) del gruppo placebo.


L’aggiunta del ribociclib al trattamento endocrino ha prodotto un vantaggio in overall survival. In particolare, l’OS stimata a 42 mesi è stata del 70.2% (95% intervallo di confidenza [IC], 63.5-76.0) nel braccio ribociclib e del 46.0% (95% IC, 32.0-58.9) nel braccio placebo (hazard ratio per morte 0.71; 95% IC, 0.54-0.95; P = 0.00973 con il log-rank test).

Il valore di P, pari a 0.00973, avendo “crossato” il limite prespecificato (P = 0.01018), sancisce la superiorità del braccio con ribociclib.
La mediana di OS non è stata raggiunta nel braccio con ribociclib ed è stata di 40.9 mesi nel braccio.
Da notare che il guadagno in overall survival ottenuto con il ribociclib è emerso malgrado un 18.6% di crossover da placebo a inibitore di CDK 4/6.

Il beneficio in OS osservato fra le 495 pazienti che hanno ricevuto un inibitore dell’aromatasi è risultato consistente con quello ottenuto nella popolazione intention-to-treat (hazard ratio per morte, 0.70; 95% IC, 0.50-0.98). La percentuale di pazienti che ha ricevuto una terapia antitumorale dopo la partecipazione allo studio è stata bilanciata tra i due gruppi (68.9% nel gruppo ribociclib e 73.2% nel gruppo placebo).
Il tempo dalla randomizzazione alla progressione di malattia durante la seconda linea di terapia è risultato più lungo con il ribociclib rispetto al placebo (hazard ratio per progressione o morte, 0.69; 95% IC, 0.55-0.87).
A 42 mesi, la percentuale di pazienti che non aveva ancora ricevuto un trattamento chemioterapico è stata del 65.8% nel braccio ribociclib e del 49.0% nel braccio placebo (hazard ratio per avvio di un trattamento chemioterapico, 0.60; 95% IC, 0.46-0.77).

La tossicità nei due bracci di trattamento è rimasta consistente con quanto riportato nell’analisi primaria. Tra gli effetti collaterali di grado 3 o 4 di speciale interesse, la neutropenia (nel 63.5% delle pazienti trattate con ribociclib e nel 4.5% delle pazienti che hanno ricevuto il placebo), la tossicità epatobiliare (11% e 6.8%, rispettivamente), e il prolungamento dell’intervallo QT (1.8% e 1.2%).

Lo studio MONALEESA-7 è il primo a riportare un vantaggio significativo in overall survival con l’aggiunta di un inibitore di CDK 4/6, il ribociclib, alla terapia endocrina per il trattamento del carcinoma mammario metastatico luminale in pre- perimenopausa.

Il beneficio, pari a una riduzione del rischio di morte del 29%, è emerso pur in presenza di una quota non trascurabile di crossover (18.6%).

Da notare alcune caratteristiche della popolazione studiata che possono aiutare nella trasferibilità dei risultati:
• Precedente terapia endocrina adiuvante o neoadiuvante nel 39.9% delle pazienti
• Progressione ≤12 mesi dal termine della terapia endocrina nel 30.5% delle pazienti
• Progressione ≤12 mesi dal termine della terapia endocrina nell’8.9% delle pazienti
• Precedente chemioterapia per la malattia metastatica nel 14% delle pazienti

A casa ci portiamo il messaggio di un beneficio in sopravvivenza, finalmente.