Patologia mammaria
Martedì, 14 Gennaio 2020

La terapia oncologica in settant’anni di FDA: focus sul carcinoma mammario

A cura di Fabio Puglisi

Uno sguardo al passato che proietta nel futuro: gli avanzamenti terapeutici analizzati attravero l'evoluzione delle approvazioni degli agenti antitumorali da parte della Food and Drug Administration.

Leo CP, et al. Breast cancer drug approvals by the US FDA from 1949  to 2018. Nat Rev Drug Discov 2020;19(1):11. 

Al fine di comprendere l’evoluzione dello sviluppo farmacologico per la terapia del carcinoma mammario, sono state analizzate le approvazioni di agenti oncologici licenziate dalla Food and Drug Administration (FDA) dal 1949 al 2018.

Nell’arco di 70 anni, su un totale di 203 farmaci approvati dall’FDA, 34 (il 17% del totale) sono agenti impiegati per il carcinoma mammario, il tumore solido con il numero più elevato di approvazioni. In particolare, la classifica dei top five è così rappresentata:

  1. Carcinoma mammario: 34 approvazioni
  2. Non small cell lung cancer: 27 approvazioni
  3. Carcinoma prostatico: 19 approvazioni
  4. Carcinoma colorettale: 15 approvazioni
  5. Melanoma: 14 approvazioni

Interessante notare come nei primi 40 anni analizzati, tra il 1949 e il 1988, i nuovi farmaci approvati per il carcinoma mammario siano stati solo 8, mentre nell’ultimo trentennio il ritmo di approvazione è cresciuto a 7-10 farmaci per decade per un totale di 26 nuove approvazioni.

Nello specifico, nelle prime decadi, la scena è stata dominata da agenti chemioterapici, a cominciare dal metotrexate, approvato nel 1953. La terapia endocrina è emersa negli anni ’70, con il tamoxifene fra i primi esempi di medicina di precisione. Occorre attendere il 1998 per veder arrivare il trastuzumab, caratterizzato da un duplice primato: primo farmaco ad essere approvato con un companion diagnostico, primo anticorpo monoclonale con indicazione terapeutica nei tumori solidi. L’ultima decade (2009-2018), infine, ha visto prevalere la targeted therapy (9/10 approvazioni): inibitori di mTOR, inibitori di CDK 4/6, inibitori di PARP, agenti anti-HER2.

La maggioranza dei farmaci approvati per il trattamento del carcinoma mammario (32 su 34, il 94%) è stata licenziata con un’indicazione di trattamento per gli stadi avanzati/metastatici.  
Quasi un terzo di questi farmaci (il 31%) ha ottenuto una successive approvazione per l’uso nel setting adiuvante, scenario destinato a riproporsi per agenti quali gli inibitori di CDK 4/6 o gli inibitori di PARP. 


Significativa l’osservazione dell’assenza di un bersaglio molecolare nel 47% dei farmaci approvati. Le terapie endocrine (antiormonali) sono state il 32% e le terapie anti-HER2 il 15%. Due approvazioni recenti di inibitori di PARP richiedono la presenza di una mutazione germinale di BRCA1/BRCA2. Recentemente (marzo 2019), inoltre, è stata concessa una approvazione accelerata per l’atezolizumab da impiegare nel trattamento della patologia triple negative in stadio avanzato e con evidenza di espressione di PD-L1. 


A proposito di approvazioni accelerate, nel periodo esaminato, la FDA ne ha autorizzato quattro, tre delle quali sono state convertite in approvazioni definitive. L’unica non convertita in approvazione standard è quella del bevacizumab, la cui indicazione è stata ritirata in considerazione dell’evidenza scientifica ritenuta poco convincente. 

In settant’anni, la FDA ha autorizzato più approvazioni terapeutiche per il carcinoma mammario che per altri tumori solidi. 
Indubbiamente, la patologia mammaria ha fatto spesso da apripista per importanti avanzamenti in oncologia: anticorpi monoclonali, definizione di “companion diagnostics” e targeted therapy.
Le approvazioni recenti dimostrano come l’utilizzo di marcatori molecolari, alias fattori predittivi del beneficio terapeutico, e le nuove frontiere quali l’immunoterapia stiano aprendo scenari non immaginati in precedenza. 
Osservare l’evoluzione nello sviluppo dei farmaci, testimoniata dalla crescente disponibilità di agenti terapeutici efficaci è una grande iniezione di fiducia, da condividere tra medici e pazienti.