Patologia mammaria
Martedì, 21 Luglio 2020

Le sfide della biopsia liquida: alla ricerca della malattia minima residua e della sua utilità clinica

A cura di Fabio Puglisi

Può la biopsia liquida fornire informazioni clinicamente utili dopo trattamento neoadiuvante per carcinoma mammario triple negative in stadio precoce?

Radovich M, et al. Association of Circulating Tumor DNA and Circulating Tumor Cells After Neoadjuvant Chemotherapy With Disease Recurrence in Patients With Triple-Negative Breast Cancer: Preplanned Secondary Analysis of the BRE12-158 Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol 2020;e202295. [published online ahead of print, 2020 Jul 9]. 

 

 

 

La biopsia liquida è una modalità per esaminare ciò che i tumori possono rilasciare nel sangue periferico: cell-free DNA, una frazione del quale si identifica nel DNA tumorale circolante (ctDNA), cellule tumorali circolanti (CTC), esosomi e/o proteine. Da quanto si conosce attraverso i diversi studi finora pubblicati, il rilascio da parte dei tumori di DNA o CTC nel sangue può avvenire in modo attivo o passivo e, laddove presenti queste tracce ematiche della presenza tumorale, la prognosi è usualmente peggiore rispetto ai casi in cui ctDNA o CTC non sono rilevati.

Nel carcinoma mammario metastatico, la conta delle CTC, a una soglia ben definita, stratifica la malattia in forme indolenti e aggressive, con significato prognostico indipendente per la stima della sopravvivenza globale. Allo stesso modo, una maggiore frequenza allelica di una mutazione riscontrata nel ctDNA si associa a un outcome sfavorevole.

Rispetto alla malattia metastatica, i tumori in fase iniziale hanno un minor carico tumorale, il che rappresenta una sfida per identificare la presenza di loro tracce nel sangue. Al contempo, la valutazione della malattia minima residua (MRD) nel sangue avrebbe il potenziale di cambiare il paradigma terapeutico dei tumori in fase iniziale e, pertanto, la ricerca in tale ambito è particolarmente attiva.

Un’analisi secondaria prepianificata, associata a uno studio di fase II condotto su pazienti con carcinoma mammario triple negative (TNBC) trattate con terapia neoadiuvante, ha valutato prospetticamente il ruolo prognostico di informazioni ottenute attraverso l’approccio della biopsia liquida. In particolare, sono stati raccolti dati sulle CTC attraverso un dispositivo microfluidico standard e sul ctDNA usando i test di Foundation Medicine (FoundationACT o FoundationOneLiquid) per le pazienti con malattia residua (assenza di risposta patologica completa, pCR) alla chirurgia dopo chemioterapia neoadiuvante.
Dal marzo 2014 al dicembre 2018, sono stati analizzati i dati di 196 donne i cui campioni di sangue venivano raccolti per ctDNA e CTC al momento dell'assegnazione del trattamento. L’analisi di associazione tra ctDNA e sopravvivenza è stata effettuata per 142 pazienti e l'analisi di associazione tra CTC e sopravvivenza per 123. Il follow-up clinico mediano è stato di 17.2 mesi (intervallo, 0,3-58,3 mesi).

Misure di outcome: sopravvivenza libera da malattia a distanza (DDFS), sopravvivenza libera da malattia (DFS) e sopravvivenza globale (OS).

 

 

  • Il riscontro di ctDNA è risultato associato con DDFS più breve (DDFS mediana, 32.5 mesi vs non raggiunta; hazard ratio [HR], 2.99; IC al 95%, 1.38-6.48; P = .006). A 24 mesi, la probabilità di DDFS era del 56% per le pazienti con positività per ctDNA rispetto all'81% per le pazienti senza rilevazione di ctDNA. Parimenti, la presenza di ctDNA ha mostrato un’associazione significativamente sfavorevole con la DFS (HR, 2.67; IC 95%, 1.28-5.57; P = 0.009) e con l’OS (HR, 4.16; 95% CI, 1.66-10.42; P = .002).
  • La combinazione di ctDNA e CTC ha migliorato sensibilità e capacità discriminatoria. Infatti, pazienti con doppia positività (per ctDNA e per CTC) avevano una DDFS significativamente inferiore rispetto alle pazienti con risultati negativi per ctDNA e CTC (DDFS mediana, 32.5 mesi vs non raggiunta; HR, 5.29; IC al 95%, 1.50-18.62; P = .009). A 24 mesi, la probabilità di DDFS era del 52% per le pazienti con doppia positività (ctDNA e CTC) rispetto all'89% per le pazienti con doppia negatività. Un trend simile è stato osservato per DFS (HR, 3.15; 95% CI, 1.07-9.27; P = .04) e per OS (HR, 8.60; IC 95%, 1.78-41.47; P = .007).

Attraverso un approccio di biopsia liquida associato a uno studio di terapia neoadiuvante, in pazienti con carcinoma mammario triple negative e in assenza di risposta patologia completa, la sopravvivenza libera da malattia a 2 anni e la sopravvivenza globale sono risultate peggiori nelle situazioni in cui era rilevabile almeno 1 CTC e 1 alterazione del ctDNA.

Come sottolineato nell’editoriale di accompagnamento a firma di Massimo Cristofanilli (della serie “se dico biopsia liquida, a chi pensi?”), i punti di forza dello studio sono stati la concomitante incorporazione di CTC e ct-DNA con relativo successo del test superiore al 99% e l'arruolamento di pazienti con TNBC in stadio iniziale, coorte rappresentativa di ciò che si vede nella pratica clinica.
Al contempo il lavoro solleva domande importanti:

  • Qual è la soglia ottimale da definire la positività di un test che valuti la malattia minima residua (MRD)?
  • E poi, quali alterazioni devono essere considerate nella valutazione, solo varianti patogene note?
  • E ancora, quali cutoff per la frequenza allelica mutante del ctDNA e quale metodo adottare per la conta delle CTC al fine di garantire la riproducibilità dei test?
  • A quali time point devono essere effettuate le rilevazioni di biopsia liquida e, inoltre, quante di queste possono essere informative e quindi utili?
  • Esistono variabili che possono interferire con il rilascio di segni del tumore in circolo (es. la chirurgia, la radioterapia, ecc.)?
  • Come si gestisce l’informazione di una biopsia liquida positiva per CTC o ct-DNA in assenza di un imaging che evidenzi residuo o ripresa di malattia?
  • Come si gestisce l’ansia delle pazienti in relazione al risultato della biopsia liquida in assenza di evidenze scientifiche che possano guidare nelle scelte terapeutiche?

In sintesi, la domanda più importante è legata all’utilità clinica della biopsia liquida nella rilevazione della malattia minima residua. Occorre chiarire se la scelta di una terapia basata sulla rilevazione o meno della MRD possa essere supportata per potenziare o ridurre l'intensità terapeutica a vantaggio del paziente.