Patologia mammaria
Martedì, 11 Novembre 2025

Irradiazione del torace dopo mastectomia: un dogma da rivedere

A cura di Fabio Puglisi

Nel trattamento del carcinoma mammario, la radioterapia post-mastectomia è da decenni considerata una componente essenziale per ridurre il rischio di recidiva locoregionale, soprattutto in presenza di linfonodi ascellari positivi. Tuttavia, i progressi nella terapia sistemica e nella diagnosi precoce hanno ridotto sensibilmente l’incidenza di recidive, aprendo la strada a strategie di de-escalation. In questo contesto si inserisce il trial SUPREMO (Selective Use of Postoperative Radiotherapy after Mastectomy), promosso dal gruppo BIG–EORTC, che ha affrontato un interrogativo rimasto irrisolto per anni: è ancora necessario irradiare la parete toracica dopo mastectomia nelle pazienti con rischio intermedio?

Kunkler IH, et al. Ten-Year Survival after Postmastectomy Chest-Wall Irradiation in Breast Cancer. N Engl J Med 2025;393(18):1771-1783

 

Il razionale dello studio SUPREMO nasce dall’incertezza persistente sul ruolo dell’irradiazione della parete toracica dopo mastectomia in pazienti con carcinoma mammario a rischio intermedio, definito come pT1N1, pT2N1, pT3N0 o pT2N0 con grado 3, invasione linfovascolare o entrambi. Gli studi storici danesi e canadesi degli anni ’90 avevano dimostrato un chiaro beneficio in termini di sopravvivenza e controllo locoregionale nelle pazienti con linfonodi positivi, ma tali evidenze risalgono a un’epoca pre-trastuzumab e pre-taxani. La successiva meta-analisi EBCTCG (2014) confermava un vantaggio di circa 8 punti percentuali nella sopravvivenza a 20 anni con la radioterapia post-mastectomia, ma in coorti trattate con schemi sistemici oggi superati.

Il trial SUPREMO, disegnato come studio randomizzato di fase III internazionale, ha coinvolto 1679 pazienti tra il 2006 e il 2013, presso 125 centri nel Regno Unito, 25 in Europa continentale e ulteriori sedi internazionali. Le pazienti, tutte sottoposte a mastectomia con margine libero ≥1 mm, dopo randomizzazione 1:1, sono state assegnate a:

  • Braccio sperimentale: nessuna radioterapia sulla parete toracica;
  • Braccio di controllo: radioterapia sulla parete toracica con dose di 40–50 Gy (40 Gy in 15 frazioni o 50 Gy in 25 frazioni).

L’irradiazione dei linfonodi sovraclaveari o della catena mammaria interna era opzionale (12% nel braccio RT vs. 1,5% nel controllo). Non era consentita la radioterapia ascellare. Tutte le pazienti con N1 avevano effettuato una dissezione linfonodale di II livello (≥10 linfonodi), mentre per le N0 era ammessa biopsia del linfonodo sentinella o sampling.

Le terapie sistemiche includevano chemioterapia antraciclinica ± taxani (somministrata all’85%), trastuzumab (20%) e trattamento endocrino per 5 anni nelle pazienti con tumori ER+.

L’endpoint primario era la sopravvivenza globale (OS) a 10 anni; tra gli endpoint secondari: recidiva di parete toracica, recidiva regionale, sopravvivenza libera da malattia (DFS), sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS) e tossicità correlate alla RT.

L’analisi statistica, condotta secondo il principio intention-to-treat, prevedeva un’ipotesi nulla di equivalenza. La dimensione campionaria (1600 pazienti) garantiva l’80% di potenza per rilevare una differenza del 7% in OS a 10 anni: hazard ratio (HR) atteso 1.255, α=0.05. I risultati sono stati espressi come  (HR) con IC 95%, stimati con modelli di Cox stratificati per area geografica. Le curve di sopravvivenza sono state costruite con metodo Kaplan–Meier.

Dopo un follow-up mediano di 9.6 anni, l’analisi intention-to-treat ha incluso 808 pazienti nel braccio irradiato e 799 nel non irradiato.

Sopravvivenza globale (endpoint primario): 10-year OS: 81.4% (RT) vs. 81.9% (no RT); HR per morte: 1.04 (95% CI 0.82–1.30; p=0.80).

Recidiva di parete toracica: 9 (1.1%) con RT vs. 20 (2.5%) senza RT — HR 0.45 (95% CI 0.20–0.99), differenza assoluta <2%.

Recidiva locoregionale: 2.7% vs. 4.5%, HR 0.61 (95% CI 0.36–1.03).

Disease-free survival: 76.2% vs. 75.5%, HR 0.97 (95% CI 0.79–1.18).

Distant metastasis–free survival: 78.2% vs. 79.2%, HR 1.06 (95% CI 0.86–1.31).

L’analisi per sottogruppi non ha mostrato differenze significative in base allo stato linfonodale (pN0 vs. pN1), all’età o al sottotipo molecolare, ad eccezione del triplo negativo, per il quale si è osservato un potenziale effetto sfavorevole della RT (HR 1.91; 95% CI 1.06–3.46).

Gli eventi avversi sono risultati rari e prevalentemente di basso grado; le tossicità polmonari ≥G2 si sono verificate nel 2% (OR 2.59; 95% CI 0.97–8.12), mentre le tossicità cardiache e ossee sono state ≤1%. Nessuna differenza in mortalità non oncologica.

Lo studio SUPREMO rappresenta una delle valutazioni più rigorose dell’impatto della radioterapia post-mastectomia nell’era dei trattamenti sistemici moderni. In una popolazione attentamente selezionata di pazienti con rischio intermedio, l’omissione della radioterapia sulla parete toracica non ha compromesso la sopravvivenza globale, né la sopravvivenza libera da malattia o da metastasi a distanza, a fronte di un’incidenza di recidiva locale sorprendentemente bassa (<3% a 10 anni).

Questi dati suggeriscono che, nell’epoca della terapia sistemica ottimizzata, il beneficio assoluto della RT in questo setting è marginale, e la sua omissione può essere considerata sicura per molte pazienti. L’efficacia dei trattamenti medici potrebbe aver raggiunto la soglia oltre la quale il vantaggio locoregionale della RT non si traduce più in beneficio di sopravvivenza.

Dal punto di vista clinico, i risultati rafforzano la necessità di personalizzare l’indicazione alla radioterapia, integrando parametri patologici e biologici con il rischio individuale e con le preferenze della paziente. Sul piano pratico, l’omissione della RT può facilitare l’accesso alla ricostruzione immediata, riducendo complicanze e migliorando la qualità di vita.

Tra i punti di forza, lo studio si distingue per la conduzione metodologicamente solida, l’ampio follow-up, l’aderenza a protocolli radioterapici di alta qualità e la rappresentatività della popolazione.
Tra i limiti, vanno ricordati l’epoca di disegno (2006–2013), l’obbligatorietà della dissezione linfonodale (oggi superata) e la scarsa rappresentazione di pazienti trattate con schemi neoadiuvanti moderni. Inoltre, la bassa incidenza di eventi riduce la potenza per rilevare differenze minime, sebbene clinicamente trascurabili.

In conclusione, il SUPREMO trial sancisce un possibile cambio di paradigma: l’omissione della radioterapia toracica post-mastectomia può essere una scelta appropriata per pazienti selezionate a rischio intermedio, a condizione di una valutazione multidisciplinare accurata e di un monitoraggio attento e prolungato nel tempo.