Patologia mammaria
Mercoledì, 23 Agosto 2023

SUMMIT su mutazioni di HER2 e ruolo del neratinib

A cura di Fabio Puglisi

Lo studio SUMMIT apre nuove prospettive per il trattamento del carcinoma mammario metastatico con mutazione di HER2. La combinazione di neratinib, fulvestrant e trastuzumab ha dimostrato una significativa attività, con un tasso di risposte intorno al 40% in pazienti già sottoposte a diverse linee di trattamento. Molto interessanti i risultati delle analisi molecolari. 

Jhaveri K, et al. Neratinib + fulvestrant + trastuzumab for HR-positive, HER2-negative, HER2-mutant metastatic breast cancer: outcomes and biomarker analysis from the SUMMIT trial. Ann Oncol 2023 (Epub ahead of print)

È stato ipotizzato che il doppio targeting di HER2, attraverso l'aggiunta di trastuzumab a neratinib (N) + fulvestrant (F) potesse prevenire o ritardare l'emergere di ulteriori alterazioni genomiche di HER2 e prolungare le risposte osservate con la terapia a due farmaci. Questa ipotesi è ulteriormente supportata da studi preclinici su cellule di carcinoma mammario che esprimono HER2 V777L, suggerendo che l'aggiunta di trastuzumab alla monoterapia con neratinib possa prolungare la soppressione della fosforilazione di HER3.

Il trial SUMMIT è uno studio multicentrico internazionale di fase II che coinvolge diverse coorti di pazienti con tumori solidi. In questa coorte specifica, sono state arruolate pazienti con carcinoma mammario avanzato HR-positivo HER2-negativo, che presentavano mutazioni attivanti di HER2. Tutte le pazienti avevano ricevuto una terapia precedente con inibitori CDK4/6.

Per l’eleggibilità, era necessario che fosse documentata una mutazione attivante di HER2, individuata sia nel tessuto tumorale che nel ctDNA. La conferma centralizzata della mutazione di HER2 è stata condotta in modo retrospettivo. 

Principali criteri di esclusione: precedenti terapie con TKIs, dosi cumulative di epirubicina >900 mg/m2 o dosi cumulative di doxorubicina >450 mg/m2, metastasi cerebrali instabili (metastasi cerebrali trattate e/o asintomatiche erano ammesse).

Gruppi di trattamento

  • N+F+T (neratinib 240 mg die per os con profilassi obbligatoria con loperamide per i primi 2 cicli e successivamente quando necessario, fulvestrant 500 mg i.m. nei giorni 1, 15 e 29 del primo ciclo e poi q28, e trastuzumab ev 8 mg/kg inizialmente, poi 6 mg/kg q21) 
  • F+T (fulvestrant 500 mg i.m. nei giorni 1, 15 e 29 del primo ciclo e poi q28, e trastuzumab ev 8 mg/kg inizialmente, poi 6 mg/kg q21) 
  • Monoterapia con fulvestrant (500 mg i.m. nei giorni 1, 15 e 29 del primo ciclo e poi q28). 

In uno studio secondario, dopo randomizzazione 1:1:1, le pazienti sono state assegnate a ricevere solo fulvestrant, fulvestrant più trastuzumab (F+T) o N+F+T.

Il crossover da F+T o dal solo fulvestrant alla terapia a tre farmaci era concesso in caso di progressione clinica e/o radiologica.

L'analisi dei biomarcatori è stata condotta mediante sequenziamento NGS su tessuto tumorale, e DNA circolante, nonché analisi di marcatori come HER2, ER e PgR mediante immunoistochimica (IHC) e FISH. 

Complessivamente, sono state arruolate 71 pazienti con carcinoma mammario metastatico HR+ HER2-mutato che avevano precedentemente ricevuto terapia con CDK4/6i. Ventuno delle 71 pazienti facevano parte del piccolo studio randomizzato a 3 bracci, mirato a valutare il ruolo del neratinib nella combinazione a tre farmaci; 7 pazienti hanno ricevuto N+F+T, 7 F+T e 7 solo fulvestrant. 

L'efficacia della terapia a tre farmaci è stata valutata nelle 57 pazienti che hanno ricevuto N+F+T come trattamento iniziale, ovvero 50 del gruppo non randomizzato e 7 del gruppo randomizzato.

Le pazienti erano state ampiamente trattate in precedenza, con una mediana di 3 (intervallo 1-10) linee di terapia sistemica precedenti nel contesto di malattia localmente avanzata/metastatica. Venticinque pazienti (47%) avevano un carcinoma ad istotipo lobulare, percentuale più alta rispetto all'incidenza precedentemente riportata del 10-15% ma coerente con la maggiore frequenza di mutazioni HER2 nei tumori lobulari rispetto a quelli duttali. Nel sottogruppo randomizzato, rispettivamente 1/7 (14%), 2/7 (29%) e 5/7 (71%) pazienti avevano un tumore ad istologia lobulare nei gruppi con solo fulvestrant, F+T e N+F+T.

L'overall response rate (ORR) per le 57 pazienti trattate con N+F+T è stato del 39% (IC al 95%: 26–52); la mediana della PFS è stata di 8.3 mesi (IC al 95%: 6,0–15,1). Nessuna risposta è stata osservata nelle pazienti trattate con solo fulvestrant o con F+T.

Pazienti con istologia duttale e lobulare hanno avuto un beneficio simile dal trattamento con N+F+T.  

  • Istologia lobulare: ORR 41%, DOR mediana di 14.4 mesi, CBR 52%, mediana di PFS 8.3 mesi 
  • Istologia duttale: ORR 39%, DOR mediana 14.3 mesi, CBR 61%, PFS  mediana 8.3 mesi 

Sono state riscontrate risposte sia in pazienti con  1 o ≥1 mutazioni di HER2 e con mutazioni concomitanti di HER3. Il sequenziamento longitudinale del ctDNA ha rivelato l'acquisizione di ulteriori alterazioni di HER2 e mutazioni in altri geni, tra cui PIK3CA.

Lo studio SUMMIT ha fornito una piattaforma clinica per valutare il ruolo di una terapia con HER2 TKI in pazienti con carcinoma mammario metastatico con mutazione di HER2

L’ipotesi che il doppio targeting di HER2, attraverso l'aggiunta di trastuzumab (T) a neratinib (N) + fulvestrant (F) potesse prevenire o ritardare l'emergenza di ulteriori alterazioni genomiche di HER2 e prolungare le risposte osservate con la terapia a due farmaci, è supportata dall’osservazione di una superiorità di N+F+T vs N+F in termini di durata della risposta, clinical benefit rate e progression free survival

Il neratinib è apparso essere un componente critico della combinazione, come dimostrato dall'assenza di risposta nei piccoli gruppi di pazienti trattate con solo fulvestrant o con F+T, e dalla successiva risposta nelle pazienti che erano passate a N+F+T dopo la progressione con solo fulvestrant o F+T.

Il disegno dello studio e l’esiguo sample size richiedono estrema cautela nell’interpretazione dei risultati. Tuttavia, dalle analisi sono emersi spunti molto interessanti: 

  • Le risposte a N+F+T sono state osservate in pazienti con istologia duttale e lobulare
  • In 4 pazienti su 5 con tumori che ospitavano più di una mutazione attivante HER2 la risposta è stata confermata, a differenza dell'associazione precedente di questa caratteristica con la mancanza di beneficio clinico da N+F.
  • La co-occorrenza di mutazioni HER2 e ERBB3 non ha precluso la risposta a N+F+T, a differenza di neratinib da solo o N+F. 
  • Oltre il 20% delle pazienti con mutazioni co-occorrenti di PIK3CA ha risposto al trattamento, suggerendo che il doppio targeting di HER2 potrebbe bloccare il segnale PI3K.
  • Il basso tasso di risposta e l'alta mediana di PFS nelle pazienti i cui tumori presentavano la mutazione L755S sono coerenti sia con l'indolenza sia con la ridotta sensibilità al neratinib di L755S rispetto ad altre mutazioni attivanti HER2, come suggerito da modelli preclinici.
  • La maggior parte dei campioni di carcinoma mammario metastatico con mutazioni di HER2 sono risultati IHC 2+. In particolare, i livelli di mRNA di HER2 nei tumori con mutazioni HER2 dello studio SUMMIT e quelli descritti in un database clinico-genomico/trascrittomico di oltre 4000 pazienti con carcinoma mammario HR+ sono intermedi tra la malattia HER2-positiva e HER2-negativa. Pertanto, è da considerare che i tumori HR+ HER2-mutati possano rientrare ampiamente nella categoria degli "HER2-low". 
  • Lo studio dinamico del ctDNA ha evidenziato che le VAF delle mutazioni HER2 diminuivano al di sotto del livello di rilevamento nella maggior parte delle pazienti che avevano ottenuto una risposta con l'emergere, alla progressione, di ulteriori mutazioni di HER2, TP53 e/o di mediatori a valle della via di segnale di HER2 (PIK3CA, PTEN).
  • In 16 pazienti che hanno partecipato allo studio SUMMIT è stata riscontrata una mutazione di HER2 nel DNA recuperato da biopsia di archivio, confermando che queste alterazioni sono presenti molto precocemente. Una valutazione con NGS e l’eventuale rilevazione delle mutazioni HER2 al momento della diagnosi potrebbe aiutare nell’identificazione di una resistenza endocrina, orientando le scelte verso una terapia a base di HER2 TKIs.