Patologia mammaria
Martedì, 03 Agosto 2021

Terapia endocrina adiuvante in post-menopausa: 10 anni non sono meglio di 7

A cura di Fabio Puglisi

Uno studio di fase III ha aggiunto ulteriore evidenza scientifica in merito al quesito sulla durata ottimale del trattamento adiuvante con inibitori dell’aromatasi in pazienti post-menopausali con diagnosi di carcinoma mammario.

Gnant M, et al. Duration of Adjuvant Aromatase-Inhibitor Therapy in Postmenopausal Breast Cancer. N Engl J Med. 2021;385(5):395-405. 

 

Disegno: studio prospettico, randomizzato 1:1, di fase 3, multicentrico (75 Centri in Austria). 

Popolazione: donne in post-menopausa con diagnosi di carcinoma mammario HR+, in stadio da I a III, già trattate con 5 anni (+/- 12 mesi) di terapia endocrina adiuvante

Randomizzazione: anastrozolo 1 mg die per altri 2 anni (durata totale del trattamento endocrino: 7 anni) vs anastrozolo 1 mg die per altri 5 anni (durata totale del trattamento endocrino: 10 anni).

Fattori di stratificazione: stadio patologico, stato linfonodale, precedente terapia endocrina (tamoxifen, inibitore dell’aromatasi, sequenza), chemioterapia adiuvante, stato recettoriale, precedente partecipazione a trial, area geografica. 

Endpoint primario: disease-free survival.

L’analisi primaria ha incluso tutti i pazienti in studio e che non avevano avuto una recidiva entro i 2 anni dalla randomizzazione (cioè quando il trattamento nel braccio 2 anni era terminato). 

Endpoint secondari: overall survival, incidenza di carcinoma mammario controlaterale, di secondi tumori, di fratture ossee.

Caratteristiche della popolazione in studio:

  • Età mediana alla randomizzazione: 64 anni
  • Dimensioni tumorali <2 cm: 2508 pazienti (72.3%) 
  • Stato linfonodale negativo: 2302 pazienti (66.3%) 
  • Grado 3: 674 pazienti (19.4%) 
  • ER+ e PgR+: 2684 pazienti (77.3%)

Delle 3484 donne arruolate, 3208 erano in studio e senza progressione nei primi due anni dalla randomizzazione. Di queste, nei primi 5 anni di terapia, 1635 (51.0%) avevano ricevuto tamoxifen, 235 (7.3%) un inibitore dell’aromatasi, e 1338 (41.7%) la sequenza. 

Il follow-up mediano dopo randomizazione è stato pari a 118 mesi.

Primo evento: locoregionale in 87 pazienti (2.7%), carcinoma mammario controlaterale in 68 pazienti (2.1%), recidiva a distanza in 160 pazienti (5%), secondo primitivo in 208 (6.5%) pazienti; 151 pazienti (4.7%) sono morte senza precedente evidenza di recidiva. 

A seguito dell’analisi primaria (N = 3208), non è emersa alcuna differenza nell’endpoint primario (DFS): numero eventi a 8 anni pari a 335 in ciascun gruppo di trattamento (hazard ratio, 0.99; 95% IC, 0.85-1.15; P = 0.90).

Parimenti, nessuna differenza è stata osservata nei seguenti endpoint secondari:

  • Overall survival a 8 anni (HR 1.02, 95% IC, 0.83-1.25) 
  • Carcinoma mammario controlaterale (HR 1.15, 95% IC, 0.75-1.77)
  • Secondi tumori (HR 1.06, 95% IC, 0.81-1.38).

Il rischio di fratture ossee è risultato maggiore fra le donne che hanno ricevuto un trattamento con anastrozolo per altri 5 anni (hazard ratio, 1.35; 95% IC, 1.00-1.84).

Nelle donne in post-menopausa con carcinoma mammario HR+ a rischio medio-basso di recidiva e che hanno ricevuto 5 anni di terapia endocrina adiuvante, l’estensione del trattamento ad altri 5 anni non produce beneficio aggiuntivo rispetto all’estensione ad altri 2 anni ed è gravata da un aumentato rischio di frattura ossea. 

I risultati dello studio sono stati ottenuti ad un follow-up di circa 10 anni (15 dalla diagnosi di carcinoma mammario). 

Lo studio non ha analizzato il valore di estendere la terapia endocrina adiuvante di per sé ma si è concentrato sulla definizione della durata ottimale dell’estensione del trattamento (confronto tra un’estensione di 2 anni verso un’estensione di 5 anni). I risultati vanno contestualizzati con quelli di altri 2 studi randomizzati sulla durata dell’estensione: 

  • DATA trial (3 anni di anastrozolo vs 6 anni dopo 2-3 anni di tamoxifen, nessuna differenza significativa)
  • IDEAL trial (2.5 anni vs 5 anni di letrozolo dopo 5 anni di terapia endocrina, nessuna differenza significativa).

In ultima analisi, quando il rischio di recidiva è basso o intermedio, l’estensione del trattamento con inibitore dell’aromatasi per più di 2 anni dopo i primi 5 anni di terapia endocrina non è giustificata ed è gravata da un rischio aumentato di fratture ossee.