Patologia mammaria
Sabato, 19 Dicembre 2020

Ti sottoporresti a una biopsia al solo scopo di ricerca?

A cura di Massimo Di Maio

Non è facile proporre ad un paziente oncologico di sottoporsi ad una biopsia quando l’esame non è dettato da esigenze cliniche ma è condotto al solo scopo di ricerca. Una ricerca esplora i fattori che influenzano la decisione.

Seah, DS, Leone, JP, Openshaw, TH, Scott, SM, Tayob, N, Hu, J, Lederman, RI, Frank, ES, Sohl, JJ, Stadler, ZK, Erick, TK, Silverman, SG, Peppercorn, JM, Winer, EP, Come, SE, Lin, NU. Perceptions of patients with early stage breast cancer toward research biopsies. Cancer. 2020. https://doi.org/10.1002/cncr.33371

Negli ultimi anni, è notevolmente aumentata la proporzione di sperimentazioni cliniche che, in ambito oncologico, prevedono analisi molecolari sul tessuto tumorale. Naturalmente, questo viene debitamente spiegato nell’informazione al paziente, dove una parte specifica è generalmente dedicata alla proposta del consenso all’esecuzione delle ricerche sul tessuto. In qualche caso tale consenso è opzionale e la mancata adesione del paziente non esclude la partecipazione allo studio, in altri casi invece, in cui il risultato delle analisi è sostanziale per il risultato dello studio, l’adesione è vincolante per la partecipazione.

In alcune situazioni, il tessuto tumorale è acquisito nell’ambito della normale gestione clinica (ad esempio nel caso di intervento chirurgico, oppure nel caso di una biopsia clinicamente indicata per caratterizzare la malattia). In questi casi, al paziente può essere eventualmente richiesto di donare una parte del tessuto per analisi condotte al solo scopo di ricerca, quindi non per una informazione immediatamente utile alla gestione del suo caso.

In altri casi, la biopsia non sarebbe richiesta in base alla normale gestione clinica, ma può essere proposto il prelievo di tessuto tumorale appositamente per motivi di ricerca. In questo caso, al paziente viene chiesto un “sacrificio” maggiore rispetto alle situazioni precedenti, in quanto si sottopone ad una procedura invasiva come una biopsia, solo per motivi di ricerca.

Lo studio pubblicato da Cancer è stato condotto allo scopo di valutare il punto di vista dei pazienti relativamente alla richiesta di eseguire analisi a scopo di ricerca sul tessuto tumorale.

Obiettivo primario dello studio era il confronto, tra pazienti seguiti in centri accademici e pazienti seguiti in centri territoriali, della proporzione di pazienti favorevoli a ciascuna delle 3 suddette situazioni:

  • Donazione di parte del tessuto chirurgico
  • Impiego a scopo di ricerca di una parte del tessuto prelevato per una biopsia clinicamente indicata
  • Esecuzione di una biopsia ad esclusivo scopo di ricerca

Lo studio era dimensionato per avere una potenza dell’80% nell’evidenziare differenze del 20% nella proporzione di pazienti favorevoli tra i 2 gruppi, inserendo 101 pazienti per gruppo.

Lo studio, condotto negli Stati Uniti, ha incluso 198 pazienti affette da un tumore della mammella in stadio precoce, seguite in 3 centri accademici (102 pazienti) e in 1 ospedale territoriale (96 pazienti). Le pazienti seguite presso i centri accademici erano in media più giovani, con maggiore istruzione e avevano più frequentemente partecipato a una precedente sperimentazione.

Per quanto riguarda la donazione di parte del tessuto chirurgico, la maggior parte delle pazienti intervistate sarebbe favorevole (93% delle pazienti seguite presso un centro accademico, e 94% delle pazienti seguite presso centri territoriali.

Per quanto riguarda l’impiego a scopo di ricerca di una parte del tessuto prelevato per una biopsia clinicamente indicata, circa metà delle pazienti sarebbe favorevole, sia tra quelle seguite presso un centro accademico (51%), sia tra quelle seguite presso centri territoriali (52%).

Per quanto riguarda l’esecuzione di una biopsia ad esclusivo scopo di ricerca, le percentuali di pazienti favorevoli risultano decisamente più basse (22% tra le pazienti seguite presso un centro accademico, e 42% tra le pazienti seguite presso centri territoriali). Tale differenza risultava statisticamente significativa all’analisi univariata (p=0.003) ma non significativa all’analisi multivariata (p=0.96).

Fattori significativamente associati, all’analisi multivariata, ad una minore volontà di acconsentire ad una biopsia a scopo di ricerca risultavano la difficoltà logistica (maggiore distanza dall’ospedale) e le eventuali precedenti esperienze sfavorevoli con le biopsie.

Una causa spesso riportata come motivo di mancata adesione all’esecuzione di una biopsia a scopo di ricerca era la paura di dolore o di fastidio nel corso della procedura.

Tra i fattori determinanti una maggiore volontà di acconsentire a una biopsia a scopo di ricerca la volontà di contribuire al progresso delle conoscenze scientifiche, il desiderio di avere un feedback sui risultati e la volontà di rispondere positivamente ad una richiesta personale da parte del proprio medico.

Lo studio era condotto per verificare l’ipotesi che le pazienti seguite presso i centri accademici potessero essere più motivate a sottoporsi a biopsia a scopo di ricerca, rispetto alle pazienti seguite presso le oncologie del territorio. I risultati invece non hanno confermato l’ipotesi, rivelando anzi una più bassa motivazione nel gruppo delle pazienti seguite presso centri accademici, anche se la differenza non era significativa all’analisi multivariata.

Negli ultimi anni, lo studio delle caratteristiche molecolari dei tumori è aumentato in maniera esponenziale, e aumentano le opportunità di caratterizzazione della neoplasia, sia al momento dell’inizio dei trattamenti sia durante il percorso terapeutico.

A scopo di ricerca, la rebiopsia è proposta sempre più frequentemente nelle sperimentazioni cliniche. Naturalmente, la proposta di sottoporsi a un esame invasivo, peraltro senza immediata ripercussione sulle decisioni terapeutiche, è comunque problematica. Prospettare l’esecuzione di una rebiopsia a volte non è semplice anche quando l’esame sia parte della gestione clinica, e ancor meno semplice è proporre la biopsia a solo scopo di ricerca.

In generale, l’informazione al paziente è il momento più delicato della partecipazione a una sperimentazione clinica. Quando un paziente accetta di partecipare a uno studio e di sottoporsi alle relative procedure, alcuni “sacrifici” non sono riconducibili a un beneficio immediato per l’interessato, ma corrispondono a un possibile beneficio per la scienza e per i pazienti futuri, grazie all’acquisizione di nuove conoscenze. Naturalmente, quanto sia accettabile sottoporsi ad una biopsia dipende dalla sede, dall’esperienza con le precedenti biopsie, e dalla motivazione trasmessa al paziente nel colloquio.

Nettamente più semplice, naturalmente, è proporre un prelievo di sangue periferico rispetto al prelievo di tessuto. Non è un caso che notevoli aspettative siano riposte nelle potenzialità della “biopsia liquida”, sia nell’ambito della ricerca clinica che nella pratica clinica. Le applicazioni concrete della biopsia liquida sono ancora limitate, ma è ragionevole ipotizzare che tali applicazioni aumenteranno rapidamente nel prossimo futuro e renderanno più fattibile l’acquisizione di informazioni molecolari sul tumore, specialmente quando occorre ripetere più volte il prelievo nel corso del trattamento o comunque in diversi momenti della storia di malattia.