Patologia polmonare
Lunedì, 12 Maggio 2014

Alla ricerca dei fattori predittivi dell'efficacia del bevacizumab: missione impossibile?

A cura di Massimo Di Maio

Ad oggi, non esistono fattori predittivi dell'efficacia dell'aggiunta del bevacizumab alla chemioterapia di prima linea per i pazienti con NSCLC avanzato. Lo studio randomizzato ABIGAIL ha esplorato il ruolo predittivo di una serie di biomarkers sull'attività della combinazione.

Mok T, et al. A Correlative Biomarker Analysis of the Combination of Bevacizumab and Carboplatin-Based Chemotherapy for Advanced Nonsquamous Non-Small-Cell Lung Cancer: Results of the Phase II Randomized ABIGAIL Study (BO21015). J Thorac Oncol. 2014 May 6. [Epub ahead of print]

Una migliore conoscenza dei fattori predittivi consentirebbe di ottimizzare l'impiego del bevacizumab in aggiunta alla chemioterapia di prima linea per i pazienti con NSCLC avanzato.
Al momento, infatti, la selezione dei pazienti per il trattamento con bevacizumab può essere basata solo sull'esclusione dei pazienti a rischio di tossicità, ma non su fattori predittivi di efficacia.

Lo studio randomizzato di fase II ABIGAIL aveva come obiettivo primario l'analisi della correlazione tra una serie di biomarkers (VEGF-A , recettori del VEGF, FGF, E-selectin, intercellular adhesion molecule-1 e Placental Growth Factor) e l'attività della combinazione di chemioterapia (nello specifico, carboplatino+gemcitabina o carboplatino+paclitaxel) + bevacizumab, somministrato, in base alla randomizzazione, alla dose di 7.5 o 15 mg/kg.

Nessuno dei biomarkers analizzati ha dimostrato una associazione significativa con l'attività (misurata in termini di risposte obiettive) della combinazione di carboplatino e bevacizumab.

Un'analisi secondaria ha valutato l'associazione dei biomarkers con la sopravvivenza libera da progressione (PFS), suggerendo un ruolo predittivo dei livelli basali di VEGF-A. In particolare, il gruppo di pazienti con bassi livelli basali di VEGF-A presentava una PFS più lunga rispetto ai pazienti con livelli elevati (PFS mediana 7.4 vs 6.1 mesi, hazard ratio 1.57, intervallo di confidenza al 95% 1.17 - 2.09, p = 0.002). Un'analoga associazione si è evidenziata con la sopravvivenza globale (mediana 19.8 vs 11.1 mesi, hazard ratio 1.57; intervallo di confidenza al 95% 1.15-2.13; p = 0.004).

Lo studio ABIGAIL provava a identificare alcuni biomarkers associati all'attività della combinazione. Peraltro, va sottolineato che tutti i pazienti randomizzati erano trattati, anche se a dosi diverse, con bevacizumab, quindi il disegno dello studio non avrebbe comunque consentito la dimostrazione di un ruolo predittivo dell'efficacia del bevacizumab, limitandosi a identificare potenziali fattori prognostici.

Per i farmaci diretti contro l'angiogenesi, sia nel tumore del polmone che in altre neoplasie solide, la ricerca di fattori molecolari predittivi dell'efficacia non ha finora prodotto risultati significativi.
Una migliore selezione dei pazienti potrebbe ovviamente aumentare l'entità del beneficio associato all'impiego del bevacizumab, ma purtroppo,al momento,la selezione dei pazienti candidati all'aggiunta dell'anticorpo anti-VEGF alla chemioterapia di prima linea non può giovarsi di alcun test di laboratorio.