Patologia polmonare
Sabato, 15 Febbraio 2020

Combinazione di chemio e immunoterapia: come cambia la qualità di vita?

A cura di Massimo Di Maio

La combinazione di platino, pemetrexed e pembrolizumab è diventata trattamento standard dei pazienti con tumore del polmone non squamoso avanzato, avendo dimostrato un vantaggio di sopravvivenza rispetto alla chemioterapia da sola. Ma come cambia la qualità di vita?

Garassino MC, Gadgeel S, Esteban E, Felip E, Speranza G, Domine M, Hochmair MJ, Powell S, Cheng SY, Bischoff HG, Peled N, Reck M, Hui R, Garon EB, Boyer M, Wei Z, Burke T, Pietanza MC, Rodríguez-Abreu D. Patient-reported outcomes following pembrolizumab or placebo plus pemetrexed and platinum in patients with previously untreated, metastatic, non-squamous non-small-cell lung cancer (KEYNOTE-189): a multicentre, double-blind, randomised, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Oncol. 2020 Feb 6. pii: S1470-2045(19)30801-0. doi: 10.1016/S1470-2045(19)30801-0. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 32035514.

Lo studio KEYNOTE-189 ha dimostrato la superiorità della combinazione di chemioterapia (con platino e pemetrexed) e immunoterapia (con pembrolizumab) come trattamento di prima linea dei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule ad istologia non squamosa.

Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti con performance status 0 o 1 secondo ECOG, senza mutazioni attivanti di EGFR o alterazioni di ALK.

Lo studio prevedeva la randomizzazione in rapporto 2:1. Nel dettaglio, i pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano pembrolizumab (alla dose fissa di 200 mg) ogni 3 settimane fino a un massimo di 35 somministrazioni (2 anni), in combinazione con 4 cicli di pemetrexed (500 mg/mq) e carboplatino (AUC 5) oppure cisplatino (75 mg/mq), seguiti da mantenimento con pemetrexed ogni 3 settimane. I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano la medesima chemioterapia, con placebo invece che con pembrolizumab.

Endpoint primari dello studio erano la sopravvivenza globale (overall survival, OS) e la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS).

La valutazione della qualità di vita era affidata ai questionari EORTC (European Organisation for Research and Treatment of Cancer) Quality-of-Life Questionnaire-Core 30 (QLQ-C30) e Lung Cancer 13 (QLQ-LC13), somministrati dal ciclo 1 al ciclo 5, poi ogni 3 cicli per il primo anno e poi ogni 4 cicli nel secondo e nel terzo anno.

L’analisi della qualità di vita prevedeva:

  • la valutazione del cambiamento nei punteggi di qualità di vita globale (domande 29 e 30 del questionario EORTC QLQ-C30) rispetto al basale a 12 settimane (durante la chemioterapia) e a 21 settimane (a chemioterapia di induzione conclusa).
  • l’analisi del tempo al deterioramento dei sintomi tipici di tumore del polmone (endpoint composito basato su tosse, dolore toracico, dispnea).

L’analisi di qualità di vita ha incluso i pazienti che avessero compilato almeno un questionario: nel dettaglio, 402 pazienti su 405 (99%) nel braccio sperimentale che riceveva pembrolizumab in associazione alla chemioterapia, e 200 pazienti su 202 (99%) nel braccio di controllo che riceveva placebo in associazione alla chemioterapia.

In realtà, la compliance ai vari tempi (basale, dopo 12 settimane, dopo 21 settimane) è risultata inferiore:

  • al basale la percentuale di pazienti che hanno compilato il questionario EORTC QLQ-C30 è risultata pari a 89% e 90% rispettivamente nel braccio sperimentale e nel braccio di controllo;
  • a 12 settimane, la percentuale di pazienti che hanno compilato il questionario rispetto agli attesi è risultata pari al 90% e all’89%, rispettivamente nel braccio sperimentale e nel braccio di controllo;
  • a 21 settimane, la percentuale di pazienti che hanno compilato il questionario rispetto agli attesi è risultata pari al 76% e al 64% rispettivamente nel braccio sperimentale e nel braccio di controllo.

Il confronto dei punteggi a 12 settimane rispetto al basale ha evidenziato che i punteggi di qualità di vita globale sono risultati mediamente mantenuti, senza differenze significative tra i 2 bracci: cambiamento medio pari a + 1.0 punti nel braccio sperimentale vs -2.6 punti nel braccio di controllo (p=0.053).

Il confronto dei punteggi a 21 settimane rispetto al basale ha evidenziato che i punteggi di qualità di vita globale sono risultati mediamente migliori nel braccio sperimentale (in cui il punteggio è rimasto mediamente stabile: +1.3 punti), rispetto al braccio di controllo (in cui il punteggio è mediamente peggiorato: -4.0 punti) (p=0.014).

L’analisi del tempo al deterioramento dei sintomi (tosse, dolore toracico, dispnea) non ha evidenziato differenze statisticamente significative tra i 2 bracci dello studio: nel dettaglio, il tempo mediano al deterioramento non è stato ancora raggiunto nel braccio sperimentale, vs 7.0 mesi nel braccio di controllo (hazard raio 0.81, intervallo di confidenza al 95% 0.60 – 1.09, p=0.16).

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che l’aggiunta del pembrolizumab alla chemioterapia è risultata in un mantenimento della qualità di vita globale, con un’evidenza di migliore controllo della qualità di vita a 21 settimane rispetto al deterioramento osservato nel braccio di controllo. Pur non essendo stato documentata una differenza significativa nell’analisi del tempo al deterioramento dei sintomi (tosse, dolore toracico, dispnea), nel complesso questi dati, uniti alla già nota dimostrazione di prolungamento della sopravvivenza globale, supportano l’impiego della combinazione di chemioterapia e immunoterapia come trattamento di prima linea nei pazienti con neoplasia polmonare non a piccole cellule avanzata.

L’analisi pubblicata da Lancet Oncology offre vari spunti di riflessione. Innanzitutto, si conferma la tendenza a pubblicare i risultati di qualità di vita molto tempo dopo la pubblicazione dei risultati dell’endpoint primario dello studio, anche nel caso di studi che, sulla base del risultato positivo e della successiva approvazione da parte delle autorità regolatorie, hanno già portato all’inserimento del trattamento nelle linee guida e nella pratica clinica. Su questo argomento abbiamo già scritto e commentato più volte. Come evidenziato nell’analisi specificamente dedicata ai tumori del polmone, questo si verifica ancora di più proprio nel caso degli studi le cui analisi primarie sono pubblicate su riviste più prestigiose, e ancor di più negli anni più recenti.

I risultati dello studio ci confermano inoltre che, anche in un setting di pazienti selezionati come quelli eleggibili per uno studio registrativo, la compliance alla compilazione dei questionari di qualità di vita è spesso subottimale, inevitabilmente anche a causa dello scadimento delle condizioni generali che può verificarsi anche dopo un tempo non lungo rispetto all’inizio dello studio. Come noto, i dati mancanti rappresentano un importante problema metodologico, essendo nella maggior parte dei casi mancanti “non a caso”, ma a causa del peggioramento delle condizioni del paziente.

Nel caso di una combinazione di farmaci, rispetto alla chemioterapia da sola, è importante che l’analisi di qualità di vita documenti che il vantaggio in termini di controllo di malattia e di sopravvivenza globale si ottenga senza compromettere la qualità di vita. In quest’ottica, l’assenza di differenze significative in qualità di vita globale a 12 settimane, insieme con la differenza limitata ma significativa a 21 settimane, a favore del trattamento di combinazione, sono un elemento importante a supporto del trattamento chemio-immunoterapico.

Come sottolineano Andrea Fung e Natasha Leighl nell’editoriale che accompagna la pubblicazione dell’articolo, è giusto continuare a concentrarsi non soltanto sulla quantità di vita, ma anche sulla sua qualità.