Patologia polmonare
Sabato, 13 Giugno 2020

"Dimmi come stai": qualità di vita e prognosi

A cura di Massimo Di Maio

Un’analisi basata sui patient-reported outcomes basali di pazienti con tumore del polmone trattati con immunoterapia documenta un significativo ruolo prognostico delle risposte ai questionari, meglio del performance status stimato dal medico.

Hopkins AM, Wagner J, Kichenadasse G, Modi N, Rowland A, Sorich MJ. Patient-reported outcomes as a prognostic marker of survival in patients with advanced non-small cell lung cancer treated with immunotherapy: PROs as a prognostic marker for immunotherapies [published online ahead of print, 2020 Jun 3]. Int J Cancer. 2020;10.1002/ijc.33133. doi:10.1002/ijc.33133

 

In passato, numerosi studi hanno documentato che l’informazione acquisita mediante la compilazione dei questionari di qualità di vita ha un importante ruolo prognostico nei pazienti con tumore del polmone candidati a trattamento sistemico per la malattia avanzata.

Sicuramente, molta della letteratura su questo argomento è stata prodotta quando il trattamento disponibile per questi pazienti era rappresentato esclusivamente dalla chemioterapia. Ad esempio, nel 2005, un’analisi condotta sui pazienti dello studio MILES (Maione et al, J Clin Oncol 2005 Oct 1;23(28):6865-72), che aveva valutato l’impiego di gemcitabina e vinorelbina in pazienti anziani candidati a trattamento di prima linea, aveva dimostrato un significativo ruolo prognostico del punteggio basale di qualità di vita globale (derivante dalle risposte alle domande 29 e 30 del questionario EORTC QLQ-C30).

A fine 2019, un'importante analisi su 44 studi, pubblicata su Lancet Oncology, ha documentato che nella maggior parte degli studi era confermato il ruolo prognostico di uno o più parametri di qualità di vita (Lancet Oncology 2019 Dec;20(12):e685-e698).

In assoluto, meno evidenze sono disponibili su questo argomento con i farmaci immunoterapici, che tanto spazio hanno guadagnato nella pratica clinica negli ultimi anni.

Sebbene le recenti novità portino spesso ad anticipare l’impiego dell’immunoterapia al trattamento di prima linea, negli ultimi anni gli inibitori di PD1 e di PDL1 sono stati ampiamente usati in pazienti dopo il fallimento della chemioterapia, quindi in un setting dove la caratterizzazione prognostica è ancora più cruciale.

L’analisi presentata nello studio di Hopkins e colleghi è basata sui dati di 1548 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule che, nell’ambito di sperimentazioni cliniche precedentemente condotte, avevano ricevuto trattamento immunoterapico con atezolizumab. In particolare, l'analisi è basata sugli studi a singolo braccio BIRCH, FIR e sugli studi randomizzati OAK e POPLAR, che confrontavano atezolizumab con docetaxel.

I patient-reported outcomes, negli studi impiegati per l’analisi, erano raccolti mediante la somministrazione dei questionari EORTC QLQ-C30 (il questionario “generico” per i pazienti oncologici) e EORTC QLQ-LC13 (il modulo specifico per i pazienti con tumore del polmone).

Gli endpoint di outcome impiegati per l’analisi sono stati la sopravvivenza globale (overall survival, OS) e la sopravvivenza libera da progressione (progression free survival, PFS). L’associazione tra i punteggi riportati nei questionari di qualità di vita e l’outcome è stata analizzata inserendo tali punteggi in un modello di Cox insieme con altre variabili prognostiche.
L’indice C di concordanza di Harrell è stato scelto come misura della bontà predittiva delle variabili inserite nel modello.

Come noto, i questionari EORTC contengono molti items (scale funzionali, sintomi, qualità di vita globale), e le analisi sono state condotte considerando ciascuno dei domini.

All’analisi, numerosi items (le funzioni fisiche, la fatigue, la qualità di vita globale, l’appetito, le funzioni di ruolo, il dolore, la dispnea, le funzioni sociali, la stipsi, la nausea e il vomito, le funzioni emotive, la tosse) sono risultate significativamente associate sia con l’OS che con la PFS, sia all’analisi univariata che all’analisi multivariata (p < 0.05).

In termini di sopravvivenza globale, gli items di qualità di vita associati al più elevato ruolo predittivo sono risultate la funzione fisica (c = 0.654), la fatigue (c = 0.653) e la qualità di vita globale (c = 0.650).

La predittività delle funzioni fisiche riferite dal paziente è risultata maggiore rispetto al performance status riportato dal medico (ECOG-PS, c = 0.59) e rispetto al Lung Immune Prognostic Index, che come noto è basato su valori di laboratorio come LDH e rapporto tra neutrofili e linfociti (c = 0.63).

All’analisi multivariata, sia le funzioni fisiche che il performance status che il LIPI erano significativamente associati alla prognosi.

Sulla base dei risultati sopra riportati, gli autori sottolineano che i patient-reported outcomes consentono di stimare la prognosi dei pazienti con tumore del polmone candidati a ricevere trattamento immunoterapico, sia in termini di sopravvivenza globale che di sopravvivenza libera da progressione.

E’ particolarmente interessante il dato di confronto con altre variabili prese in considerazione dell’esame: l’informazione prognostica ottenuta mediante la compilazione dei questionari è mediamente più “affidabile” sia del performance status grossolanamente stimato dal medico (che conferma praticamente in tutti i tumori solidi un buon valore prognostico), sia di parametri di laboratorio che pure hanno precedentemente dimostrato un valore prognostico indipendente in questo setting.

Anche con farmaci dal meccanismo d’azione molto diverso rispetto alla chemioterapia, si conferma quindi un ruolo prognostico importante dei patient-reported outcomes nei pazienti con tumore del polmone. La valutazione basale è quindi importante non solo per monitorare l’andamento dei sintomi e della qualità di vita durante il trattamento, ma anche per stimare più correttamente la prognosi dei pazienti (ad esempio, usando queste informazioni invece che il performance status come variabile di stratificazione per assicurarsi il bilanciamento prognostico tra i bracci di trattamento di uno studio randomizzato).

Ancora una volta, quindi, ricadute potenzialmente importanti dell’impiego dei patient-reported outcomes sia nella pratica clinica che nelle sperimentazioni cliniche.