Patologia polmonare
Sabato, 12 Ottobre 2019

Dopo melanoma e tumore del rene, doppio blocco immunoterapico anche nel polmone?

A cura di Massimo Di Maio

Mentre altri studi randomizzati hanno evidenziato la superiorità della combinazione di chemioterapia e immune checkpoint inhibitors rispetto alla chemioterapia da sola, come trattamento di prima linea, lo studio CheckMate 227 ha testato la combinazione “chemo-free” di nivolumab e ipilimumab

Hellmann MD, Paz-Ares L, Bernabe Caro R, Zurawski B, Kim SW, Carcereny Costa E, Park K, Alexandru A, Lupinacci L, de la Mora Jimenez E, Sakai H, Albert I, Vergnenegre A, Peters S, Syrigos K, Barlesi F, Reck M, Borghaei H, Brahmer JR, O'Byrne KJ, Geese WJ, Bhagavatheeswaran P, Rabindran SK, Kasinathan RS, Nathan FE, Ramalingam SS. Nivolumab plus Ipilimumab in Advanced Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2019 Sep 28. doi: 10.1056/NEJMoa1910231. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31562796.

Negli ultimi anni, l’immunoterapia ha dimostrato efficacia nel tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato, prima come trattamento di seconda linea dopo il fallimento della chemioterapia a base di platino, poi come alternativa alla chemioterapia di prima linea nei soli casi con espressione elevata di PD-L1, poi in combinazione con la chemioterapia, indipendentemente dall’espressione di PD-L1.

In altre neoplasie, in particolare nel melanoma e nel tumore del rene, studi randomizzati hanno documentato l’efficacia della combinazione di 2 immune checkpoint inhibitors, in particolare l’anti-PD-1 nivolumab e l’anti-CTL-A4 ipilimumab.

Lo studio CheckMate 227, presentato all’ESMO 2019 e contemporaneamente pubblicato sul New England Journal of Medicine, aveva un disegno molto complesso, peraltro più volte modificato da numerosi emendamenti.

Lo studio era condotto in aperto, e prevedeva l’inclusione di pazienti con NSCLC avanzato in stadio IV.

I casi nei quali il livello di espressione di PD-L1 risultasse pari o superiore all’1% sono stati randomizzati, in rapporto 1:1:1, a ricevere:

  • Nivolumab + ipilimumab
  • Nivolumab da solo
  • Chemioterapia

I casi nei quali il livello di espressione di PD-L1 risultasse inferiore all’1% sono stati randomizzati, in rapporto 1:1:1, a ricevere:

  • Nivolumab + ipilimumab
  • Nivolumab + chemioterapia
  • Chemioterapia

Precedentemente, era stato riportato il confronto nei casi selezionati per l’elevato Tumor Mutational Burden (in cui l’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione), mentre al congresso ESMO 2019, e nella simultanea pubblicazione sul New England Journal of Medicine, è stato riportato il risultato relativo all’altro endpoint primario, vale a dire la sopravvivenza globale del confronto tra nivolumab + ipilimumab e chemioterapia nella popolazione di casi positivi per l’espressione di PD-L1.

Nei casi positivi per l’espressione di PD-L1, la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 17.1 mesi con la combinazione di nivolumab + ipilimumab e pari a 14.9 mesi con la chemioterapia (p=0.007). La probabilità di sopravvivenza a 2 anni dalla randomizzazione è risultata pari al 40.0% con la combinazione di nivolumab e ipilimumab, e pari al 32.8% con la chemioterapia.

La durata mediana della risposta è risultata pari a 23.2 mesi con la combinazione di nivolumab e ipilimumab, rispetto a 6.2 mesi con la chemioterapia.

In aggiunta al confronto principale (quello condotto nei casi positivi per PD-L1), è riportato anche il confronto tra chemioterapia e combinazione di nivolumab e ipilimumab nei casi con PD-L1 inferiore all’1%. In questi casi, la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 17.2 mesi con nivolumab + ipilimumab e pari a 12.2 mesi con la chemioterapia.

Nella popolazione complessiva dello studio (sia PD-L1 positivi che negativi), la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 17.1 mesi con la combinazione immunoterapica e 13.9 mesi con la chemioterapia.

La percentuale di pazienti che hanno riportato un evento avverso correlato al trattamento, di grado 3 o grado 4, è risultata pari al 32.8% con la combinazione di nivolumab e ipilimumab, e pari al 36.0% con la chemioterapia.

I risultati susseguitisi negli ultimi anni hanno ripetutamente evidenziato la possibilità di migliorare la sopravvivenza globale dei pazienti candidati a trattamento di prima linea per NSCLC avanzato aggiungendo un farmaco immune checkpoint inhibitor alla chemioterapia a base di platino. Mentre la strategia di impiegare la monoterapia con un immune checkpoint inhibitor è risultata vincente rispetto alla chemioterapia nei soli casi selezionati per l’elevata espressione di PD-L1, la combinazione di chemioterapia e immunoterapia si associa a migliore sopravvivenza indipendentemente dalla selezione per PD-L1.
In questo scenario, si inseriscono i risultati dello studio Checkmate-227. In questo caso, il braccio di trattamento vincente corrisponde a una terapia di prima linea “chemo-free”. Naturalmente, “chemo-free” non vuol dire “toxicity-free”. La combinazione di nivolumab e ipilimumab è caratterizzata dalle ormai note tossicità associate al trattamento immunoterapico, che con la combinazione sono necessariamente più frequenti e più impegnative rispetto alla monoterapia con il nivolumab o un altro anti-PD1 / PD-L1 da solo.

Come spesso capita negli ultimi anni, anche il setting del trattamento di prima linea del NSCLC avanzato si è popolato di risultati positivi ottenuti in contemporanea con farmaci diversi, tutti quanti confrontati con il precedente standard, vale a dire la chemioterapia a base di platino. In particolare, si sono dimostrate superiori alla sola chemioterapia sia la combinazione di chemioterapia con pembrolizumab, sia la combinazione di chemioterapia con atezolizumab, sia (appunto con lo studio CheckMate 227) la combinazione di nivolumab e ipilimumab. Peraltro, nei casi positivi per elevata espressione di PD-L1, pembrolizumab da solo è uno standard superiore alla chemioterapia, e nessuna delle suddette combinazioni si è confrontata direttamente con tale standard.

In questo scenario “affollato”, come scegliere un trattamento piuttosto che l’altro?

Ci si dovrà ragionevolmente limitare a confronti indiretti, e a considerazioni basate anche sulla tossicità attesa con ciascun trattamento, nonché sull’ipotetica sequenza di terapie, ragionando sui trattamenti praticabili alla progressione dopo ciascuna delle possibili terapie di prima linea. 

In Italia, al momento, nessuna delle combinazioni di chemioterapia + immunoterapia, né la combinazione di nivolumab e ipilimumab, sono attualmente rimborsate per l’impiego nella pratica clinica. Quando lo saranno, se teniamo in considerazione la numerosità dei casi di tumore del polmone avanzato candidati a trattamento di prima linea, non mancheranno le implicazioni logistiche ed economiche.