Patologia polmonare
Sabato, 19 Giugno 2021

Il dilemma degli studi di non inferiorità: siamo disposti a sacrificare efficacia?

A cura di Massimo Di Maio

Nel setting della prevenzione della nausea indotta dalla chemioterapia, uno studio italiano ha provato a ridurre le dosi di cortisone. Pur con alcune riserve nell’interpretazione del risultato, lo studio merita un plauso per l’attenzione alla terapia di supporto e alla qualità di vita dei pazienti.

Celio L, Cortinovis D, Cogoni AA, Cavanna L, Martelli O, Carnio S, Collovà E, Bertolini F, Petrelli F, Cassano A, Chiari R, Zanelli F, Pisconti S, Vittimberga I, Letizia A, Misino A, Gernone A, Bonizzoni E, Pilotto S, De Placido S, Bria E. Dexamethasone-sparing regimens with oral NEPA for the prevention of emesis caused by high-dose cisplatin: A randomized non-inferiority study. Oncologist. 2021 Jun 7. doi: 10.1002/onco.13851. Epub ahead of print. PMID: 34101934.

I corticosteroidi (in particolare, il desametasone) hanno un ruolo importante nella profilassi dell’emesi indotta dalla chemioterapia. Il cisplatino è tradizionalmente il farmaco associato ad alto rischio di emesi e, nonostante l’avvento delle terapie target e dell’immunoterapia, rimane alto il numero di pazienti oncologici candidati, in vari momenti della loro storia di malattia, a ricevere una chemioterapia contenente platino.

Le attuali linee guida nazionali (AIOM) ed internazionali (MASCC) prevedono, per i pazienti che ricevono cisplatino, una “triplice” profilassi con desametasone al giorno 1 e nei 3-4 giorni successivi, 5HT3 antagonista e NK1 inibitore. In linea di massima, la somministrazione di desametasone nel giorno della chemioterapia e nei giorni successivi è mediamente considerata associata a pochi eventi avversi, ma senza dubbio in molte condizioni (tipicamente il diabete, ma anche l’ipertensione) sarebbe comodo evitarla, se questa omissione non pregiudicasse il controllo della nausea e del vomito.

Lo studio randomizzato, pubblicato su The Oncologist il 7 giugno 2021, frutto di una collaborazione multicentrica italiana, è stato condotto in pazienti che non avessero precedentemente ricevuto chemioterapia, e che iniziassero chemioterapia con cisplatino a dosi altamente emetizzanti (dose pari o maggiore di 70 mg/mq).

Obiettivo dello studio era quello di ridurre l’esposizione complessiva al desametasone, con un disegno di non inferiorità.

In accordo all’approccio di non inferiorità, gli autori identificano una soglia di “riduzione accettabile” dell’efficacia nella profilassi antiemetica, in cambio del vantaggio consistente nel risparmio nell’uso di desametasone.

Lo studio prevedeva 3 bracci di trattamento, ai quali i pazienti erano assegnati in rapporto 1:1:1.

  • Il braccio di controllo prevedeva l’impiego di profilassi con desametasone sia al giorno 1 (12 mg) che nei 3 giorni successivi (4 mg per due volte al giorno), insieme con l’impiego della combinazione orale, al giorno 1, di netupitant e palonosetron (NEPA).
  • Il primo braccio sperimentale prevedeva, a parità di tutto il resto, l’impiego di dosi basse di desametasone (4 mg al giorno) nei giorni successivi al primo, per un totale di 3 giorni.
  • Il secondo braccio sperimentale prevedeva, a parità di tutto il resto, l’omissione del desametasone nei giorni successivi al primo, per un totale di 4 giorni.

L’endpoint primario dello studio era la risposta completa, definita come l’assenza di vomito e il non ricorso a farmaci antiemetici di salvataggio), nelle prime 120 ore (5 giorni) dalla somministrazione della chemioterapia.

Il margine di non inferiorità (corrispondente quindi alla differenza ritenuta “sacrificabile” in nome della maggiore comodità e tollerabilità degli schemi con meno desametasone) era pari a una riduzione del 15% assoluto nella proporzione di risposte complete.

Tra gli endpoint secondari di efficacia era inclusa la protezione completa, definita come una risposta completa e nessuna nausea o al massimo nausea lieve.

L’analisi presentata nella pubblicazione è stata condotta su 228 pazienti randomizzati, 76 in ciascuno dei 3 bracci. Infatti, rispetto al totale dei 252 pazienti randomizzati, 22 pazienti sono stati esclusi per non aver completato i questionari relativi all’emesi, e 2 pazienti sono stati esclusi per deviazioni dal protocollo.

La popolazione di pazienti inserita nello studio aveva un’età mediana pari a circa 63-64 anni nei 3 bracci, con una prevalenza di maschi (pari al 60-70% della casistica nei 3 bracci).

La non inferiorità è stata raggiunta per ciascuno dei 2 schemi sperimentali con desametasone ridotto, nei confronti dello schema di controllo.

La proporzione di risposta completa, endpoint primario dello studio, è risultata pari al 76.3% nel braccio sperimentale che somministrava desametasone solo al giorno 1, 76.3% nel braccio sperimentale che somministrava desametasone ai giorni successivi ma a dosi ridotte, e 75.0% nel braccio di controllo.

Per entrambi i confronti, l’intervallo di confidenza della differenza in risposte complete va dal -12.3% (quindi rispettando il limite del 15% scelto per la dichiarazione di non inferiorità) al +15%.

Le proporzioni di protezione completa sono risultate simili nei 3 bracci dello studio.

Sulla base dei dati sopra descritti, gli autori sottolineano il risultato positivo dello studio: l’efficacia sovrapponibile dei 3 schemi di profilassi accompagnata al vantaggio, nei bracci sperimentali, del risparmio in termini di dosi di desametasone.

Come ben noto, il disegno di non inferiorità rappresenta sempre una spinosa questione metodologica, specialmente in un setting dove, a fronte degli innegabili progressi ottenuti negli ultimi decenni grazie alla disponibilità di nuovi farmaci antiemetici, rimane comunque la necessità di migliorare i risultati garantiti dall’attuale standard, specialmente in termini di protezione dalla nausea, in particolare quella ritardata. Certo, anche in un contesto in cui l’obiettivo delle sperimentazioni dovrebbe essere l’identificazione di schemi più efficaci, un disegno di non inferiorità può essere accettabile, se il trattamento “non inferiore” presenta effettivamente dei vantaggi rilevanti per il paziente, tipicamente in termini di tollerabilità. Da questo punto di vista, ridurre o eliminare alcune somministrazioni di cortisone farebbe piacere in molti casi, e quindi il quesito può essere sicuramente ritenuto scientificamente rilevante.

Il dubbio, come sempre accade nel commentare gli studi di non inferiorità, sta nella scelta del margine ritenuto accettabile come “non inferiore”. Nel setting della chemioterapia altamente emetizzante, l’introduzione di una categoria come gli NK1 inibitori, rispetto al desametasone e all’impiego dei 5HT3 antagonisti, ha prodotto un incremento delle risposte complete di circa 10-15 punti percentuali, con qualche differenza tra i vari studi. Naturalmente questo incremento è stato salutato come un beneficio rilevante, che ha portato alla definizione dell’attuale standard di profilassi. Siamo veramente disposti a sacrificare il 15% di risposte complete, ritenendolo non rilevante?

Personalmente, ritengo che la dimostrazione di non inferiorità ottenuta in questo studio consenta di omettere le dosi standard di desametasone in quelle situazioni cliniche in cui si preferisce evitarle. Al contrario, per garantire la massima profilassi antiemetica, nei pazienti senza controindicazioni relative, è probabilmente opportuno mantenere lo schema standard, con le dosi “piene” di desametasone nei giorni successivi al primo. Peraltro, come ricordano gli stessi autori, nel setting oggetto dello studio ha nel frattempo dimostrato efficacia nella profilassi antiemetica anche l’olanzapina, che sembra incrementare in maniera clinicamente rilevante l’outcome, in particolare in termini di controllo della nausea.

Altra considerazione “metodologica” è legata alla conduzione dello studio in aperto, che rappresenta un punto debole rispetto al doppio cieco. Ovviamente, l’eventuale impiego del placebo rappresenta un problema non indifferente dal punto di vista dei costi dello studio, specialmente quando si tratta di una sperimentazione accademica.

Al di là delle riserve nell’interpretazione del risultato, un plauso va sicuramente fatto ai colleghi per la sperimentazione portata avanti nel setting della terapia di supporto e della profilassi antiemetica in particolare.