Patologia polmonare
Sabato, 23 Novembre 2019

Tumore del polmone EGFR mutato: il miglior farmaco subito è meglio della sequenza.

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicata l’analisi finale di sopravvivenza globale dello studio FLAURA, che documenta un vantaggio significativo a favore di osimertinib rispetto all’impiego in prima linea di un inibitore di prima generazione.

Ramalingam SS, Vansteenkiste J, Planchard D, Cho BC, Gray JE, Ohe Y, Zhou C, Reungwetwattana T, Cheng Y, Chewaskulyong B, Shah R, Cobo M, Lee KH, Cheema P, Tiseo M, John T, Lin MC, Imamura F, Kurata T, Todd A, Hodge R, Saggese M, Rukazenkov Y, Soria JC; FLAURA Investigators. Overall Survival with Osimertinib in Untreated, EGFR-Mutated Advanced NSCLC. N Engl J Med. 2019 Nov 21. doi: 10.1056/NEJMoa1913662. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31751012.

 

Osimertinib è un inibitore di tirosino chinasi (TKI) di terza generazione, irreversibile, dell’Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR), selettivo per le mutazioni attivanti e per la mutazione di resistenza T790M.

Sulla base della dimostrazione di efficacia, rispetto alla chemioterapia, nei casi trattati con inibitori di precedente generazione che, al momento della progressione, manifestino la presenza della mutazione di resistenza T790M, osimertinib è stato negli ultimi anni impiegato come trattamento di seconda linea dei pazienti con NSCLC avanzato con mutazione di EGFR.

Lo studio FLAURA ha invece valutato, nei pazienti che non avessero ricevuto alcun precedente trattamento, il confronto testa-a-testa tra osimertinib e un inibitore di prima generazione (gefitinib o erlotinib).

Nel dettaglio, lo studio FLAURA ha visto la randomizzazione di 556 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato caratterizzato dalla presenza di una mutazione attivante comune (delezione dell’esone 19 o mutazione L858R dell’esone 21, che non avessero ricevuto alcun trattamento per la malattia avanzata.

I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1.

  • I pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno ricevuto osimertinib alla dose di 80 mg una volta al giorno.
  • I pazienti assegnati al braccio di controllo hanno ricevuto, a scelta del centro, gefitinib alla dose di 250 mg una volta al giorno oppure erlotinib alla dose di 150 mg una volta al giorno.

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS), mentre la sopravvivenza globale (overall survival, OS) era tra gli endpoint secondari.

L’analisi dell’endpoint primario (PFS) è stata già presentata e pubblicata circa 2 anni fa, documentando una netta superiorità dell’osimertinib rispetto agli inibitori di prima generazione, consentendo quasi di raddoppiare la PFS mediana (circa 19 mesi rispetto a circa 10 mesi), con hazard ratio 0.46.
All’ESMO 2019 sono stati presentati invece i dati dell’analisi finale di sopravvivenza globale, ora pubblicati sul New England Journal of Medicine.

La sopravvivenza mediana è risultata pari a 38.6 mesi (intervallo di confidenza al 95% 34.5 – 41.8) nel braccio sperimentale trattato in prima linea con osimertinib, e 31.8 mesi (intervallo di confidenza al 95% 26.6 – 36.0) nel braccio di controllo trattato in prima linea con gefitinib o erlotinib (hazard ratio 0.80, intervallo di confidenza al 95.05% 0.64 - 1.00; p=0.046).

La percentuale di pazienti ancora in trattamento con il farmaco di prima linea a 3 anni dalla randomizzazione era pari a 28% nel braccio trattato con osimertinib (79 su 279 pazienti) mentre era pari al 9% nel braccio di controllo trattato con gefitinib o erlotinib (26 su 277 pazienti).

L’esposizione mediana al trattamento di prima linea (che tiene conto quindi sia delle eventuali interruzioni per tossicità, che delle eventuali prosecuzioni oltre la progressione) è risultata pari a 20.7 mesi nel braccio sperimentale trattato con osimertinib e pari a 11.5 mesi nel braccio di controllo trattato con gefitinib o erlotinib.

Nel braccio di controllo, il 5% dei pazienti era ancora in trattamento al momento dell’analisi, il 65% ha ricevuto un trattamento di seconda linea (osimertinib in poco meno della metà dei casi, chemioterapia nel 22%), mentre il 30% non ha ricevuto alcun trattamento di seconda linea dopo la progressione.

Nel braccio sperimentale, il 22% dei pazienti era ancora in trattamento al momento dell’analisi, il 48% ha ricevuto un trattamento di seconda linea (chemioterapia in oltre due terzi dei casi) e il 31% non ha ricevuto alcun trattamento di seconda linea dopo la progressione.

Eventi avversi severi (di grado 3 o peggiore) sono stati registrati nel 42% dei pazienti trattati con osimertinib e nel 47% dei pazienti trattati con gefitinib o erlotinib.

La presentazione iniziale dei risultati dello studio FLAURA aveva documentato una netta differenza nella sopravvivenza libera da progressione, decisamente più lunga con osimertinib rispetto ad erlotinib o gefitinib. Tale differenza in PFS, peraltro, è ottenuta a prezzo di una tossicità complessivamente non peggiore, anzi per alcuni tipi di tossicità inferiore, rispetto al trattamento con inibitori di prima generazione.

Al momento dell’analisi primaria, ovviamente, il dato di sopravvivenza globale era ancora largamente immaturo, e quindi molto del dibattito si era incentrato sulla necessità di un confronto tra l’impiego di osimertinib in prima linea e l’impiego di inibitori di precedente generazione in prima linea, seguito, nei casi caratterizzati alla progressione dalla presenza di mutazione T790M, dall’impiego in seconda linea di osimertinib.

In altre parole, il dato di OS era atteso per capire se la scelta del farmaco migliore subito sia veramente preferibile rispetto a una potenziale strategia di sequenza, fermo restando che il disegno dello studio aveva come endpoint primario la PFS, quindi il confronto tra le due prime linee, e non un formale confronto tra sequenze terapeutiche.

Peraltro, è d’obbligo ribadire che la strategia di sequenza di 2 farmaci biologici in chi riceve un inibitore di vecchia generazione come prima linea è solo potenziale, innanzitutto perché l’impiego di osimertinib in seconda linea è ovviamente subordinato alla presenza della mutazione T790M, e anche perché, come dimostrano gli stessi dati di FLAURA, una percentuale tutt’altro che trascurabile di pazienti non riceverà un trattamento di seconda linea, al momento della progressione, per l’andamento clinico e per il rapido scadimento delle condizioni generali.

Il dato di sopravvivenza globale significativamente superiore per osimertinib rappresenta un’evidenza importante per la scelta del trattamento di prima linea dei pazienti EGFR mutati, sia perché l’outcome complessivo si dimostra migliore con l’impiego in prima battuta dell’osimertinib rispetto alla strategia di sequenza adottata nel braccio di controllo, sia perché una parte non trascurabile dei pazienti non riceverà una seconda linea, ed è quindi ragionevole impiegare il trattamento migliore subito.

In oncologia, storicamente la ricerca di incremento di efficacia costringeva a fare i conti con l’incremento della tossicità, mentre i risultati dello studio FLAURA dimostrano che, in alcuni casi, è possibile ottenere un miglioramento dell’efficacia con un trattamento che si dimostra anche meglio tollerato rispetto al precedente standard.

Le linee guida AIOM nell’edizione 2019, pur specificando che, al momento della discussione e della pubblicazione, osimertinib non era ancora rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, raccomandano l’impiego di osimertinib come trattamento di prima linea rispetto all’impiego di inibitori di prima generazione (raccomandazione positiva forte). Naturalmente, tale raccomandazione è riferita ai casi con mutazioni attivanti classiche di EGFR, vale a dire delezioni dell’esone 19 e L858R.