Patologia polmonare
Sabato, 16 Maggio 2015

Orale come in vena? Il confronto si sposta in adiuvante…

A cura di Massimo Di Maio

Autori danesi confrontano retrospettivamente l’outcome dei pazienti con NSCLC trattati in adiuvante con vinorelbina orale rispetto allo stesso farmaco endovena, in entrambi i casi insieme al cisplatino endovena. Le loro conclusioni sono favorevoli ma… la qualità dello studio è debole!

Sorensen SF, Carus A, Meldgaard P. Intravenous or oral administration of vinorelbine in adjuvant chemotherapy with cisplatin and vinorelbine for resected NSCLC. Lung Cancer. 2015 May;88(2):167-73.

Da vari anni, la combinazione di cisplatino e vinorelbina, entrambi somministrati per via endovenosa, rappresenta lo standard come trattamento chemioterapico adiuvante dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule operato. Nella malattia avanzata, la somministrazione orale di vinorelbina rappresenta un’alternativa alla somministrazione endovena, ma non esistono dati a supporto dell’impiego di tale formulazione come trattamento adiuvante.

Autori danesi hanno raccolto retrospettivamente i dati relativi al trattamento adiuvante dei pazienti con NSCLC trattati tra il 2005 ed il 2012 presso l’Oncologia dell’ospedale universitario di Aarhus, in Danimarca.

Il confronto tra la somministrazione endovenosa e la somministrazione orale di vinorelbina, in entrambi i casi in aggiunta al cisplatino e.v., è stato reso possibile dal fatto che, fino all’aprile 2008, tutti i pazienti afferenti al centro ricevevano la somministrazione endovenosa, metre dall’aprile 2008 in poi, a parità di criteri di inclusione, i pazienti afferenti al centro sono stati trattati con la vinorelbina orale.

Criteri di inclusione:

• Chirurgia radicale per NSCLC (tutti gli stadi)

• Almeno 2 cicli di trattamento adiuvante completati

Endpoint:

• Sopravvivenza globale

• Sopravvivenza libera da recidiva

Complessivamente, sono stati inseriti nell’analisi retrospettiva 265 pazienti, dei quali 126 hanno ricevuto il trattamento adiuvante con vinorelbina endovena e i restanti 139 hanno ricevuto il trattamento adiuvante con vinorelbina orale.

Le caratteristiche basali dei due gruppi erano simili, con l’unica eccezione di un maggior numero di stadi IB (rispetto agli stadi più avanzati) nel gruppo di pazienti trattati con vinorelbina endovena.

Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i 2 gruppi negli endpoint considerati:

• Sopravvivenza globale: mediana 58.5 mesi con la vinorelbina orale vs. 79.5 mesi con la vinorelbina endovenosa (Hazard Ratio 1.03, intervallo di confidenza al 95% 0.70 – 1.51, p=0.90);

• Sopravvivenza libera da recidiva: mediana 22.6 mesi con la vinorelbina orale vs. 45.6 mesi con la vinorelbina endovenosa (Hazard Ratio 1.30, intervallo di confidenza al 95% 0.93 – 1.82, p=0.12).

Una proporzione maggiore di pazienti completava i 4 cicli programmati di trattamento nel gruppo trattato con vinorelbina endovenosa rispetto alla vinorelbina orale (59% vs 49%, p=0.008).

Una maggiore percentuale di pazienti interrompeva il trattamento con la vinorelbina orale per colpa della tossicità gastrointestinale.

Lo studio retrospettivo danese, pubblicato a maggio 2015 su Lung Cancer, ha molti punti deboli. Per quanto le caratteristiche dei 2 gruppi di pazienti fossero simili (in quanto la scelta della vinorelbina orale o endovenosa non avveniva caso per caso ma in base ad un preciso cutoff temporale), uno studio retrospettivo non può rispondere in maniera robusta al quesito relativo all’efficacia delle due schedule.

La differenza in sopravvivenza libera da progressione, per quanto non significativa, è numericamente abbastanza rilevante (anche se gli autori sottolineano che, eliminando i pazienti in stadio IB che erano numericamente più rappresentati nel gruppo trattato con vinorelbina endovena, la differenza risulta ancor meno evidente).

Infine, va sottolineato che il trattamento orale, in linea di principio considerato un’opzione preferibile rispetto alla somministrazione endovenosa, era comunque gravato da una maggiore percentuale di interruzioni e da una tossicità gastrointestinale non trascurabile.

Le conclusioni degli autori danesi sono “salomoniche”: prima si sbilanciano definendo la chemioterapia orale un'alternativa sicura alla forma endovenosa nel trattamento adiuvante, poi ribadiscono la necessità di studi randomizzati per confrontare in maniera robusta l’efficacia e la tossicità.