Patologia polmonare
Sabato, 25 Giugno 2016

La radio ad alto volume? Potrebbe allungare la vita…

A cura di Massimo Di Maio

Uno studio suggerisce che la sopravvivenza dei pazienti sottoposti a chemio-radioterapia concomitante per tumore del polmone localmente avanzato sia migliore quando sono trattati presso centri con un volume di pazienti più alto

Eaton BR, Pugh SL, Bradley JD, Masters G, Kavadi VS, Narayan S, Nedzi L, Robinson C, Wynn RB, Koprowski C, Johnson DW, Meng J, Curran WJ Jr. Institutional Enrollment and Survival Among NSCLC Patients Receiving Chemoradiation: NRG Oncology Radiation Therapy Oncology Group (RTOG) 0617. J Natl Cancer Inst. 2016 May 19;108(9). Print 2016 Sep.

Numerose analisi hanno suggerito una correlazione tra la dimensione del centro e l’outcome dei pazienti, in molti setting di trattamento di tumori solidi: la letteratura più “consistente” è sul trattamento chirurgico di molte neoplasie, ma è sicuramente interessante valutare l’associazione tra grandezza dell’istituzione e outcome dei pazienti, anche per altri tipi di trattamento.

In tale ottica, scopo dell’analisi pubblicata sul Journal of National Cancer Institute era quello di valutare l’effetto del volume del centro (misurato come numero di pazienti inseriti nello studio) sull’outcome dei pazienti trattati con chemio-radioterapia per tumore del polmone non a piccole cellule in stadio localmente avanzato, nell’ambito di uno studio randomizzato di fase III.

Lo studio RTOG 0617 prevedeva la ramdomizzazione dei pazienti, in accordo a un disegno fattoriale, a ricevere radioterapia alla dose di 60 Gy o di 74 Gy in combinazione con la chemioterapia con carboplatino e paclitaxel, e inoltre a ricevere o meno cetuximab in aggiunta alla chemioterapia.

Le istituzioni partecipanti sono state classificate come “a basso volume” o “ad alto volume”, rispettivamente se avevano inserito fino a 3 pazienti oppure un numero superiore a 3 pazienti.

Complessivamente, 195 pazienti sono stati inseriti nello studio da centri “a basso volume” (numero di pazienti inseriti compresi tra 1 e 3) e 300 pazienti sono stati randomizzati da centri “ad alto volume” (numero di pazienti inseriti compresi tra 4 e 18). Le caratteristiche basali dei 2 gruppi di pazienti erano sostanzialmente simili.

L’analisi della sopravvivenza globale ha evidenziato un outcome significativamente migliore per il gruppo di pazienti trattati presso centri ad alto volume: sopravvivenza mediana pari a 26.2 mesi rispetto a 19.8 mesi, Hazard Ratio 0.70, intervallo di confidenza al 95% 0.56 – 0.88, p=0.002. La differenza rimaneva significativa anche all’analisi multivariata.

Analogamente, i pazienti trattati presso centri ad alto volume hanno anche presentato un miglior outcome in termini di sopravvivenza libera da progressione: PFS mediana pari a 11.4 mesi rispetto a 9.7 mesi, Hazard Ratio 0.80, intervallo di confidenza al 95% 0.65 - 0.99, p = 0.04).

Il confronto tra i due gruppi di pazienti ha evidenziato differenze nella tecnica impiegata per la radioterapia, nonché nella frequenza di eventi avversi. Nel dettaglio, i pazienti trattati presso centri ad alto volume erano trattati più frequentemente con tecnica ad intensità modulata (54.0% vs 39.5%, p = 0.002), con una più bassa dose somministrata all’esofago ed una più bassa dose sul cuore. La percentuale di eventi avversi letali è stata pari al 5.3% nei centri ad alto volume e 9.2% nei centri a basso volume (p=0.09), mentre l’interruzione definitiva della radioterapia si è verificata nell’1.3% rispetto al 4.1% rispettivamente (p=0.07).

Un punto debole dello studio è che il volume dei centri non era calcolato sulla base della numerosità di pazienti effettivamente trattati presso il centro, ma basandosi sul numero di pazienti inseriti nello studio: peraltro, pur non essendo un surrogato perfetto, è ragionevole pensare che quest’ultima misura sia grossolanamente proporzionale alla dimensione effettiva del centro.

Va sottolineato che i dati presi in esame non erano quelli di un contesto “real life”, ma quelli ottenuti in una popolazione di pazienti inseriti nell’ambito di una sperimentazione clinica, quindi presso centri potenzialmente “selezionati”. Tra l’altro, tutti i centri partecipanti allo studio erano soggetti a controllo di qualità. Nonostante questo, appare evidente una differenza, tra centri ad alto volume e centri a basso volume, in aspetti importanti della tecnica radioterapica.

La differenza in termini di outcome tra i 2 gruppi di pazienti, separati sulla base della “grandezza del centro”, è tutt’altro che trascurabile: oltre il 10% di differenza assoluta nella probabilità di essere vivi a 2 anni. Anche l’analisi multivariata, che comprendeva la correzione per genere, razza, fumo, sede del tumore e altri fattori, conferma l’impatto significativo del volume del centro sull’outcome.