Patologia polmonare
Sabato, 24 Maggio 2014

Lung Cancer Mutation Consortium: modello futuribile o già esportabile nella pratica clinica?

A cura di Massimo Di Maio


Il Lung Cancer Mutation Consortium, collaborazione tra 14 centri statunitensi, puntava alla caratterizzazione molecolare "multiplex" degli adenocarcinomi polmonari, per poi impiegare un trattamento target (nella pratica clinica o in sperimentazione) se disponibile. Pubblicati su JAMA i risultati relativi all'esperienza condotta tra il 2009 ed il 2012.

Kris MG, et al. Using multiplexed assays of oncogenic drivers in lung cancers to select targeted drugs. JAMA. 2014 May 21;311(19):1998-2006.

 

Negli ultimi anni, sono aumentate le conoscenze sulla biologia molecolare dei tumori del polmone (in particolare, degli adenocarcinomi) e sono aumentati i farmaci sviluppati per agire sui "drivers" oncogenici, ovvero sulle alterazioni genomiche critiche per lo sviluppo e la progressione del tumore.

Il Lung Cancer Mutation Consortium, collaborazione tra 14 centri statunitensi, effettuava la caratterizzazione molecolare "multiplex" degli adenocarcinomi polmonari, determinando, a seconda della quantità di tessuto disponibile, da un minimo di 1 a un massimo di 10 diversi potenziali drivers. I risultati della determinazione venivano quindi usati per selezionare trattamenti target, già disponibili nella pratica clinica (come nel caso degli inibitori di EGFR) oppure nell'ambito di sperimentazioni cliniche aperte presso i centri partecipanti.

La pubblicazione di JAMA riprende, con maggiori dettagli, i dati già presentati in passato da Mark Kris al meeting ASCO, descrivendo la sopravvivenza dei pazienti divisi in base alla presenza o assenza di un driver oncogenico identificato, e, nell'ambito dei pazienti con un driver identificato, in base all'aver ricevuto o meno il trattamento con un farmaco target.

Tra il 2009 ed il 2012, le istituzioni partecipanti al Consortium hanno complessivamente testato 1007 pazienti per almeno 1 gene: di questi, 733 pazienti sono stati testati per tutti i 10 geni previsti dal progetto. In 466 pazienti (pari al 64% di quelli con determinazione completa dei 10 geni e al 46.3% di quelli complessivamente inseriti nello studio), è stata identificata l'alterazione di uno (o più) driver.

Nel dettaglio, l'alterazione più comune è risultata la mutazione di KRAS (25%), seguita dalla mutazione sensibilizzante di EGFR nel 17%, riarrangiamento di ALK nell'8%, e poi altre alterazioni meno comuni. Nel 28% dei casi (275 pazienti), il risultato dell'analisi multiplex è servito a selezionare il paziente per il trattamento con un farmaco target corrispondente al driver identificato.

La sopravvivenza mediana è risultata pari a 3.5 anni per i pazienti con un driver identificato e trattati con un farmaco target, contro 2.4 anni per i pazienti con un driver identificato ma per i quali non era disponibile un farmaco target (Hazard Ratio 0.69, intervallo di confidenza al 95% 0.53 – 0.90, p=0.006).

La pubblicazione del Lung Cancer Mutation Consortium sottolinea che un test multiplex consente l'identificazione di un'alterazione in un gene driver in una percentuale elevata di adenocarcinomi polmonari. Va sottolineato che, per tali pazienti, in alcuni casi è già disponibile nella pratica clinica un trattamento target di provata efficacia (come nel caso della mutazione di EGFR o del riarrangiamento di ALK); in altri casi è disponibile un farmaco target nell'ambito di una sperimentazione clinica, ma non nella pratica clinica (come nel caso di BRAF, di MET, di ERBB2 etc.); ci sono infine casi in cui non sono disponibili farmaci target (come nel caso della mutazione di KRAS).

Nel complesso, i dati di sopravvivenza pubblicati su JAMA suggeriscono che, in media, un paziente per il quale l'analisi molecolare identifichi un driver e per il quale sia disponibile un trattamento target vive in media più a lungo rispetto agli altri. Questi risultati, anche quando sono stati presentati all'ASCO, hanno suscitato grande entusiasmo, salutati come la prova della "bontà" dell'approccio personalizzato in questo setting. Nelle conclusioni del lavoro, comunque, gli autori sottolineano giustamente che sebbene i pazienti con drivers che ricevano un farmaco target vivano più a lungo, i gruppi confrontati non erano randomizzati e differivano per importanti caratteristiche prognostiche, e quindi "rimangono necessari studi randomizzati per determinare se l'impiego di farmaci target sulla base della caratterizzazione molecolare prolunghi la sopravvivenza".