Patologia polmonare
Sabato, 12 Luglio 2014

Ramucirumab in seconda linea: vera REVELation o discutibile beneficio?

A cura di Massimo Di Maio

La combinazione di ramucirumab e docetaxel come terapia di seconda linea prolunga la sopravvivenza dei pazienti con NSCLC avanzato. Il vantaggio mediano è di circa un mese e mezzo. E' poco? E' sufficiente? Lo studio REVEL stimola la discussione sul "valore" del beneficio...

Garon EB, et al. Ramucirumab plus docetaxel versus placebo plus docetaxel for second-line treatment of stage IV non-small-cell lung cancer after disease progression on platinum-based therapy (REVEL): a multicentre, double-blind, randomised phase 3 trial. Lancet. 2014 Jun 2.

La combinazione di più farmaci chemioterapici non ha mai dimostrato un beneficio significativo rispetto alla mono-chemioterapia come trattamento di seconda linea dei pazienti con NSCLC avanzato. L'aggiunta di un farmaco biologico alla chemioterapia standard (nello specifico, docetaxel) potrebbe riuscire lì dove la poli-chemioterapia ha fallito, prolungando la sopravvivenza globale.

Il ramucirumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il dominio extra-cellulare del recettore del Vascular Endothelial Growth Factor VEGFR2.

Nello studio randomizzato di fase III REVEL, recentemente pubblicato su Lancet, l'anticorpo è stato sperimentato in combinazione con il docetaxel, confrontato con il docetaxel in combinazione con il placebo, in pazienti con NSCLC avanzato che avessero fallito una prima linea di chemioterapia con platino.

Lo studio prevedeva l'eleggibilità sia dei pazienti con tumore squamoso che dei pazienti con tumore non squamoso, e l'obiettivo primario era la sopravvivenza globale.

Lo studio REVEL ha visto la randomizzazione di 1253 pazienti, metà assegnati alla combinazione sperimentale (ramucirumab + docetaxel) e metà al braccio di controllo (placebo + docetaxel).

La sopravvivenza mediana è risultata pari a 10.5 mesi nel braccio sperimentale, e a 9.1 mesi nel braccio di controllo (Hazard Ratio 0.86, intervallo di confidenza al 95% 0.75 – 0.98, p=0.023).

La PFS mediana è risultata pari a 4.5 mesi nel braccio sperimentale e a 3.0 mesi nel braccio di controllo (Hazard Ratio 0.76, intervallo di confidenza al 95% 0.68 – 0.86, p<0.0001).

L'aggiunta del ramucirumab al docetaxel non ha prodotto complessivamente un incremento inaccettabile della tossicità, pur registrandosi una maggiore incidenza di ipertensione, di sanguinamenti e di neutropenia febbrile.

Lo studio REVEL è formalmente positivo, in quanto l'aggiunta del ramucirumab al docetaxel ha prodotto un prolungamento statisticamente significativo della sopravvivenza globale. Il vantaggio, peraltro, è abbastanza piccolo sia in termini relativi (Hazard 0.86) sia in termini assoluti (prolungamento della sopravvivenza mediana di circa un mese e mezzo). Naturale, quindi, che la comunità scientifica si interroghi sulla reale rilevanza clinica di questo risultato.
Istruttiva, a riguardo, la lettura dell'editoriale che accompagna su Lancet la pubblicazione dell'articolo, a firma di Tony Mok e Herbert Loong. Mok e Loong sono prudenti, infatti, sull'interpretazione della rilevanza clinica del risultato, sottolineando in particolare, anche in questo caso, l'assenza di biomarker utili come fattori predittivi dell'efficacia del trattamento. Non c'è dubbio che l'identificazione di biomarker sia particolarmente difficile per i farmaci anti-angiogenici: in questo, ramucirumab è in ottima compagnia.

Una buona notizia è che la combinazione di docetaxel e ramucirumab si propone come un'opzione di seconda linea anche per i pazienti con tumore squamoso, per i quali finora non ci sono stati farmaci biologici disponibili nella pratica clinica. D'altra parte, a fronte di un beneficio medio abbastanza "marginale", è forse lecito "sospendere" il giudizio sull'applicabilità del risultato dello studio REVEL nella pratica clinica.