Pubblicata sulle pagine del NEJM l’analisi di sopravvivenza globale dello studio MARIPOSA, mentre al congresso mondiale WCLC di Barcelona vengono presentati i dati di sopravvivenza globale dello studio FLAURA2. Importanti evidenze per le opzioni di trattamento di prima linea dei pazienti con NSCLC avanzato, con mutazione di EGFR.
James Chih-Hsin Yang, M.D., Ph.D., Shun Lu, M.D., Ph.D., Hidetoshi Hayashi, M.D., Ph.D. https://orcid.org/0000-0001-8787-5587, Enriqueta Felip, M.D., Ph.D., Alexander I. Spira, M.D., Ph.D., Nicolas Girard, M.D., Ph.D., Yu Jung Kim, M.D., Ph.D., +49 , for the MARIPOSA Investigators. Overall Survival with Amivantamab–Lazertinib in EGFR-Mutated Advanced NSCLC. New England Journal of Medicine, published September 6, 2025
Negli ultimi tempi, importanti evidenze sperimentali stanno modificando lo scenario di trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) caratterizzato da mutazione di EGFR. Le analisi di sopravvivenza libera da progressione avevano già dimostrato la possibilità di ottenere un risultato migliore, nei pazienti candidati a terapia di prima linea per malattia avanzata, con due strategie di combinazione alternative all’impiego di osimertinib in monoterapia.
La prima strategia è quella testata dallo studio FLAURA2, che ha sperimentato la combinazione di chemioterapia a base di platino e osimertinib, mentre la seconda strategia è quella testata dallo studio MARIPOSA, che ha sperimentato la combinazione di amivantamab e lazertinib.
Sono stati ora pubblicati sul NEJM i risultati di sopravvivenza globale dello studio MARIPOSA, esattamente nei giorni in cui, in sessione plenaria al congresso WCLC di Barcelona, sono stati presentati i risultati di sopravvivenza globale dello studio FLAURA2.
Nello studio MARIPOSA, 429 pazienti sono stati assegnati al braccio di controllo con osimertinib e 429 pazienti sono stati assegnati al braccio sperimentale con la combinazione di amivantamab e lazertinib.
Dopo un follow-up mediano di 37.8 mesi, la combinazione di amivantamab e lazertinib è risultata associata a un significativo prolungamento della sopravvivenza mediana, rispetto al braccio di controllo con osimertinib (hazard ratio 0.75, intervallo di confidenza al 95% 0.61 – 0.92, p=0.005). La probabilità di essere vivi a 3 anni dalla randomizzazione è risultata pari al 60% nel braccio sperimentale e al 51% nel braccio di controllo.
Al momento dell’analisi, il 38% dei pazienti del braccio sperimentale e il 28% dei pazienti del braccio di controllo stavano ancora ricevendo il trattamento di studio.
La percentuale di pazienti con eventi avversi severi (grado 3 o peggiore) è risultata significativamente più alta nel braccio trattato con la combinazione di amivantamab e lazertinib (80%) rispetto al 52% dei pazienti trattati con osimertinib, in particolare in termini di tossicità cutanea, tromboembolismo venoso e eventi legati all’infusione. Gli autori hanno giudicato tale profilo di tossicità coerente con le informazioni già note sulla combinazione, senza nuovi segnali di sicurezza.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori della pubblicazione sul NEJM sottolineano che la combinazione di amivantamab e lazertinib ha portato a un prolungamento significativo della sopravvivenza globale rispetto all’osimertinib, anche se a prezzo di un significativo incremento delle tossicità clinicamente rilevanti.
In questi stessi giorni, sono stati presentati al congresso WCLC di Barcelona i dati di sopravvivenza globale dello studio FLAURA2, che aveva il medesimo braccio di controllo (osimertinib) e prevedeva un braccio sperimentale con la combinazione di chemioterapia con pemetrexed e platino ed osimertinib. Insomma, un’altra modalità di intensificazione del trattamento di prima linea del NSCLC con mutazione di EGFR, uno scenario che negli ultimi anni aveva visto l’osimertinib protagonista incontrastato delle linee guida nazionali ed internazionali.
All’analisi di sopravvivenza globale, la combinazione sperimentale di osimertinib più chemioterapia è risultata associata ad una OS mediana di 47,5 mesi rispetto ai 37,6 mesi registrati nel braccio trattato con osimertinib in monoterapia.
Per quanto riguarda la sopravvivenza, il 63,1% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo a tre anni e il 49,1% era vivo dopo quattro anni, a fronte rispettivamente del 50,9% e del 40,8% registrati nel braccio di osimertinib in monoterapia.
Come nel caso dello studio MARIPOSA, anche nel caso dello studio FLAURA2 la combinazione sperimentale è risultata associata a una maggiore tossicità, peraltro definita accettabile dagli autori e coerente con l’atteso. Gli eventi avversi di grado ≥3 per tutte le cause si sono verificati nel 70% dei pazienti nel braccio con osimertinib più chemioterapia rispetto al 34% nel braccio con osimertinib in monoterapia.
Adesso che strategie alternative si sono dimostrate più efficaci (anche in termini di sopravvivenza globale) ma più tossiche, la scelta del trattamento da proporre a un paziente con NSCLC avanzato, con mutazione di EGFR, non sarà più scontata. Come in situazioni analoghe, una discussione attenta con il paziente relativamente ai benefici e ai rischi associati ai trattamenti sarà decisiva per le scelte cliniche.