Patologia polmonare
Sabato, 25 Ottobre 2014

Senza un bersaglio preciso non si va molto lontano…

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicati su Lancet Oncology due studi di fase III con il dacomitinib (inibitore irreversibile di EGFR) in pazienti pretrattati, senza selezione molecolare. I risultati? Negativi in entrambi gli studi. Senza selezione, insomma, con i nuovi farmaci non si va molto lontano…

Dacomitinib compared with placebo in pretreated patients with advanced or metastatic non-small-cell lung cancer (NCIC CTG BR.26): a double-blind, randomised, phase 3 trial. Dr Peter M Ellis PhD,Prof Frances A Shepherd MD,Prof Michael Millward MD,Francesco Perrone PhD,Prof Lesley Seymour MD,Geoffrey Liu MD,Sophie Sun MD,Byoung Chul Cho MD,Alessandro Morabito MD,Natasha B Leighl MD,Prof Martin R Stockler MSc,Christopher W Lee MD,Rafal Wierzbicki MD,Victor Cohen MD,Normand Blais MSc,Randeep S Sangha MD,Adolfo G Favaretto MD,Jin Hyoung Kang MD,Prof Ming-Sound Tsao MD,Carolyn F Wilson MSc,Zelanna Goldberg MD,Keyue Ding PhD,Prof Glenwood D Goss MD,Penelope Ann Bradbury MBBCh,on behalf of the NCIC CTG ,Australasian Lung Cancer Trials Group ,the NCI Naples Clinical Trials Unit. The Lancet Oncology - 15 October 2014


Dacomitinib versus erlotinib in patients with advanced-stage, previously treated non-small-cell lung cancer (ARCHER 1009): a randomised, double-blind, phase 3 trial. Prof Suresh S Ramalingam MD,Prof Pasi A Jänne MD,Prof Tony Mok MD,Prof Kenneth O'Byrne MD,Prof Michael J Boyer MD,Prof Joachim Von Pawel MD,Adam Pluzanski MD,Mikhail Shtivelband MD,Lara Iglesias Docampo MD,Jaafar Bennouna MD,Hui Zhang PhD,Jane Q Liang PhD,Jim P Doherty PhD,Ian Taylor PhD,Cecile B Mather MS,Zelanna Goldberg MD,Joseph O'Connell MD,Prof Luis Paz-Ares MD. The Lancet Oncology - 15 October 2014

Il dacomitinib è un inibitore irreversibile dell'Epidermal Growth Factor Receptor e degli altri recettori della famiglia HER. Basandosi sull'ipotesi di una maggiore attività rispetto agli inibitori di EGFR di prima generazione, il farmaco è stato sperimentato in due studi randomizzati di fase III, entrambi condotti in pazienti pre-trattati, in assenza di selezione molecolare.

Lo studio ARCHER prevedeva la randomizzazione di pazienti con NSCLC avanzato che avessero fallito una o due linee di chemioterapia, assegnati a ricevere erlotinib oppure dacomitinib. I pazienti erano stratificati per istologia, storia di fumo, performance status e etnia, nell'intento di garantire un bilanciamento per le caratteristiche cliniche associate alla presenza di mutazione di EGFR. Lo studio aveva due co-primary endpoints: la PFS in tutta la popolazione, e la PFS nel sottogruppo di pazienti KRAS wild type.

Lo studio BR26 prevedeva invece la randomizzazione di pazienti con NSCLC avanzato che avessero fallito, oltre alla chemioterapia fino a un massimo di 3 linee, anche gefitinib o erlotinib, e venivano assegnati a ricevere dacomitinib oppure placebo. Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale.

Lo studio ARCHER ha randomizzato 878 pazienti. La PFS mediana è risultata simile nei due bracci (2.6 mesi) (Hazard Ratio 0.941, 95%CI 0.802—1.104, p=0.229). Nel sottogruppo di pazienti KRAS wildtype, analogamente, nessuna differenza in PFS (PFS mediana 2.6 mesi in entrambi I bracci, Hazard Ratio 1.022, 95%CI 0.834—1.253, p=0.587). Dacomitinib risultava associato ad un'incidenza maggiore di diarrea e tossicità cutanea di grado 3-4.

Nello studio BR.26, dacomitinib non ha prodotto un miglioramento della sopravvivenza rispetto a placebo (OS mediana 6.83 vs 6.31 mesi; Hazard Ratio 1.00 [95%CI 0.83—1.21]; p=0.51), pur producendo un miglioramento significativo della PFS, della percentuale di risposte obiettive e del controllo dei sintomi di malattia. L'analisi dell'interazione con le caratteristiche molecolari non ha evidenziato un'interazione significativa con la mutazione di EGFR, ma un'interazione (p=0.08) con la mutazione di KRAS, suggerendo in particolare una migliore efficacia di dacomitinib nei pazienti KRAS wildtype.

I risultati dei due studi sottolineano che la strategia di impiego dei farmaci inibitori di EGFR in pazienti non selezionati per la presenza della mutazione di EGFR produce risultati deludenti. Nessun vantaggio rispetto ad erlotinib in pazienti che ricevevano un TKI per la prima volta, e analogamente nessun vantaggio in pazienti pretrattati con erlotinib.

Gli autori dello studio ARCHER concludono che "ulteriori studi degli inibitori irreversibili di EGFR dovrebbero essere condotti esclusivamente in pazienti selezionati per la mutazione di EGFR". L'affermazione è pienamente condivisibile: i due studi sono l'ennesima dimostrazione (...se ce ne fosse ancora bisogno!) della necessità di identificare biomarkers predittivi di efficacia, per poter ottenere risultati positivi con i farmaci a bersaglio molecolare.