Patologia polmonare
Sabato, 12 Marzo 2022

Sperimentazioni cliniche: criteri di inclusione troppo restrittivi

A cura di Massimo Di Maio

Un’interessante analisi ha confrontato le caratteristiche dei pazienti in un contesto “real world” con i criteri di eleggibilità degli studi registrativi di immunoterapia nei tumori del polmone: come atteso, solo una minoranza dei casi sarebbe stato eleggibile.

Tang M, Lee CK, Lewis CR, Boyer M, Brown B, Schaffer A, Pearson SA, Simes RJ. Generalizability of immune checkpoint inhibitor trials to real-world patients with advanced non-small cell lung cancer. Lung Cancer. 2022 Feb 3;166:40-48. doi: 10.1016/j.lungcan.2022.01.024. Epub ahead of print. PMID: 35152172.

Il tema della scarsa generalizzabilità dei risultati degli studi clinici registrativi condotti in ambito oncologico è stato spesso oggetto di dibattito in questi anni.

Qualche anno fa, un lavoro basato sugli studi clinici che portavano a richiesta di approvazione di trattamenti oncologici da parte della U.S. Food and Drug Administration (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28968168/), aveva evidenziato che la maggioranza degli studi escludeva pazienti con performance status non ottimale, oppure ad esempio escludeva i pazienti con metastasi encefaliche.

Il tema dell’applicabilità dei risultati ottenuti in una popolazione di pazienti molto selezionata alla popolazione di pazienti molto più eterogenea, in termini di condizioni cliniche e prognosi, nella pratica clinica non è affatto banale. I risultati osservati potrebbero differire in termini di compliance al trattamento, di tempo al fallimento del trattamento, di tossicità, di outcome complessivo.

Si inserisce in questo filone di letteratura lo studio pubblicato da Lung Cancer, che descrive i risultati di un’analisi dei pazienti con tumore del polmone non a piccolo cellule (NSCLC) avanzato, inseriti nel programma australiano Embedding Research (and Evidence) in Cancer Healthcare (EnRICH).
I pazienti erano stati inseriti nel programma tra il giugno 2017 e il febbraio 2021.

Gli autori hanno valutato la proporzione di pazienti che avrebbero soddisfatto I criteri di inclusione dei principali studi registrativi, in particolare per i seguenti parametri:

  • ECOG performance status 0 oppure 1
  • Valori di laboratorio permissivi
  • Assenza di mutazioni di EGFR / ALK
  • Assenza di patologie concomitanti che rappresentassero criterio di esclusione (precedente diagnosi di neoplasia, condizioni che richiedessero l’impiego di steroidi, patologie autoimmuni, HIV, epatite B o C, tubercolosi, presenza di interstiziopatia polmonare, trapianto d’organo).

Sulla base della suddetta verifica delle caratteristiche, gli autori hanno definito i soggetti che rispettassero i potenziali criteri di inclusione di uno studio clinico come “trial-typical”.

Il gruppo di pazienti “trial-typical” è stato confrontato con i rimanenti pazienti, che avrebbero rappresentato uno “screening failure” in caso di valutazione dell’eleggibilità per uno studio.

I gruppi sono stati confrontati in termini di effettiva somministrazione di immunoterapia, nonché in termini di sopravvivenza (overall survival, OS).

Sono stati inclusi nell’analisi 454 pazienti (con un’età mediana di 71 anni). Il 42.1% dei pazienti inclusi era di sesso femminile.

Solo il 30% dell’intera casistica inclusa nell’analisi rispettava i criteri per essere definita “trial typical”.

Circa metà dell’intera casistica (47.6%) aveva ricevuto effettivamente immunoterapia.

La proporzione di pazienti che avevano effettivamente ricevuto immunoterapia è stata pari al 69.1% nel gruppo di pazienti trial-typical, rispetto al 38.4% del gruppo di pazienti che sarebbero stati esclusi dagli studi. Questa differenza corrisponde a un odds ratio 3.77, intervallo di confidenza al 95% 2.40 – 5.91).

La sopravvivenza mediana, considerando i soli pazienti che avevano ricevuto immunoterapia, è risultata numericamente più lunga nei pazienti trial-typical. Nel dettaglio, in quest’ultimo gruppo si è registrata una sopravvivenza mediana di 10.6 mesi, con una probabilità a 12 mesi pari al 45.0%, mentre nel gruppo di pazienti che sarebbero stati esclusi dagli studi si è registrata una sopravvivenza mediana pari a 7.4 mesi, con una probabilità a 12 mesi pari al 35.9%. Tale differenza in outcome non è risultata statisticamente significativa (p = 0.2).

Analogamente, un outcome numericamente migliore nel gruppo di pazienti trial-typical, anche se non statisticamente significativo, è stato osservato sia nel sottogruppo di pazienti trattati con immunoterapia in prima linea (sopravvivenza mediana 13.1 vs 8.8 mesi, p = 0.1) sia nel sottogruppo di pazienti trattati con immunoterapia in seconda linea (sopravvivenza mediana 7.5 vs 3.4 mesi, p = 0.3).

Una potenziale modifica (gli autori dicono una “razionalizzazione”) dei criteri di inclusione negli studi clinici, specificamente includendo i pazienti con performance status 2 ed escludendo solo quelli con mutazioni target, con uso di steroidi, con patologie autoimmuni, con interstiziopatia polmonare, tubercolosi o con trapianto d’organo, avrebbe portato la proporzione di pazienti trial-typical al 57.3%.

Sulla base dei risultati sopra descritti, gli autori concludono che si conferma la limitata generalizzabilità dei risultati degli studi clinici registrativi condotti nel NSCLC avanzato. Sottolineano inoltre che la sopravvivenza in una casistica non selezionata è inferiore rispetto a quanto riportato negli studi.

Il lavoro ha dei risultati che qualcuno potrebbe definire “scontati”, ma in realtà sono utili per sottolineare 2 aspetti.

Il primo è che i risultati complessivamente osservati nella pratica clinica sono necessariamente “diluiti”, rispetto al risultato delle sperimentazioni registrative, dalla presenza di un certo numero di pazienti, che sarebbero stati esclusi dagli studi e che in alcuni casi (ad esempio performance status più compromesso) avranno un outcome mediamente peggiore.

Il secondo è che, allo scopo di aumentare la generalizzabilità dei risultati, nonché evitare di negare una chance sperimentale a pazienti che teoricamente potrebbero beneficiarsene, i criteri di inclusione e di esclusione degli studi clinici potrebbero essere meno restrittivi.