Patologia polmonare
Lunedì, 30 Ottobre 2023

Tumore del polmone con fusione di RET: selpercatinib è meglio della chemioterapia in prima linea

A cura di Massimo Di Maio

Sulle pagine del New England Journal of Medicine i risultati dello studio randomizzato di fase III: selpercatinib è associato a un controllo di malattia nettamente migliore rispetto alla chemioterapia. La sopravvivenza globale non è ancora matura, ma di fatto lo stato di RET diventa un’informazione da acquisire al momento della scelta del trattamento di prima linea.

Zhou C, Solomon B, Loong HH, Park K, Pérol M, Arriola E, Novello S, Han B, Zhou J, Ardizzoni A, Mak MP, Santini FC, Elamin YY, Drilon A, Wolf J, Payakachat N, Uh MK, Rajakumar D, Han H, Puri T, Soldatenkova V, Lin AB, Lin BK, Goto K; LIBRETTO-431 Trial Investigators. First-Line Selpercatinib or Chemotherapy and Pembrolizumab in RET Fusion-Positive NSCLC. N Engl J Med. 2023 Oct 21. doi: 10.1056/NEJMoa2309457. Epub ahead of print. PMID: 37870973.

Il selpercatinib, inibitore di RET altamente selettivo ed attivo anche a livello del sistema nervoso centrale, ha già dimostrato elevata attività in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato caratterizzato dalla presenza di fusioni di RET. Lo studio di fase 1-2 che aveva documentato l’elevata attività del farmaco è stato già oggetto di commento su Oncotwitting (https://www.oncotwitting.it/patologia-polmonare/libretto-per-il-cammino-sulla-retta-via-parte-seconda).

Quello studio prevedeva il trattamento sia di pazienti precedentemente trattati che di pazienti naive al trattamento per la malattia avanzata.

Il successivo studio randomizzato di fase III ha valutato l’efficacia e la sicurezza di selpercatinib impiegato come trattamento di prima linea, impiegando come braccio di controllo la chemioterapia a base di platino, con o senza immunoterapia con pembrolizumab, a discrezione degli sperimentatori.

Erano eleggibili pazienti con non-small cell lung cancer (NSCLC) avanzato, positivo per la fusione di RET, con un performance status ECOG compreso tra 0 e 2, candidati a trattamento di prima linea.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) misurata mediante revisione indipendente centralizzata in cieco.

L’analisi era prevista in due popolazioni di pazienti: la cosiddetta popolazione “intention-to-treat–pembrolizumab” (vale a dire i pazienti per i quali gli sperimentatori avevano dichiarato trattamento con chemioterapia + pembrolizumab in caso di assegnazione al braccio di controllo) e la popolazione complessiva (vale a dire tutti i pazienti, inclusi quelli per i quali gli sperimentatori avevano dichiarato trattamento con la sola chemioterapia in caso di assegnazione al braccio di controllo).

Il crossover al trattamento con selpercatinib era consentito nel caso in cui la revisione centralizzata avesse dichiarato progressione di malattia per i pazienti assegnati al braccio di controllo.

Lo studio ha visto la randomizzazione di 212 pazienti complessivi nella popolazione “intention to treat pembrolizumab” (129 assegnati a selepercatinib e 83 assegnati al braccio di controllo), e 261 pazienti complessivi nella popolazione totale (159 assegnati a selpercatinib e 102 assegnati al braccio di controllo).

Al’analisi ad interim prepianificata, la sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 24.8 mesi nel braccio assegnato a selpercatinib (intervallo di confidenza al 95% 16.9 – n.e.) e pari a 11.2 mesi nel braccio assegnato a chemioterapia + pembrolizumab (intervallo di confidenza al 95% 8.8 - 16.8), per una riduzione del rischio di progressione del 54% (hazard ratio 0.46, intervallo di confidenza al 95% 0.31 – 0.70, p<0.001).

La proporzione di risposte obiettive è risultata pari all’84% con il selpercatinib (intervallo di confidenza al 95% 76 - 90%) e pari al 65% con la chemioterapia + pembrolizuman (intervallo di confidenza al 95% 54 – 75%).

Il selpercatinib è risultato superiore al trattamento standard in termini di progressione a livello del sistema nervoso centrale (hazard ratio per il tempo alla progressione nel sistema nervoso centrale pari a 0.28, intervallo di confidenza 0.12 – 0.68).

I risultati nella popolazione complessiva (261 pazienti) sono stati simili a quelli osservati nella popolazione “intention to treat pembrolizumab”.
L’analisi del profilo di tossicità non ha evidenziato risultati inattesi, risultando consistente con il profilo di tollerabilità noto per i trattamenti in studio. Per quanto riguarda gli eventi avversi riscontrati più frequentemente con il selpercatinib rispetto al braccio di controllo, vanno ricordati l’aumento dell’AST (grado maggiore o uguale a 3 nel 13% dei pazienti), l’aumento dell’ALT (grado severo nel 22%), l’ipertensione (grado severo nel 20%), la diarrea (grado severo nell’1%), l’edema (grado severo nel 3%), l’iperbilirubinemia (grado severo nell’1%) e il prolungamento dell’intervallo QTc all’elettrocardiogramma (grado severo nel 9%).

L’analisi dei patient-reported outcomes ha evidenziato risultati favorevoli al selpercatinib in termini di percentuale di pazienti con peggioramento dei sintomi e in termini di tempo al peggioramento dei sintomi polmonari (tempo mediano non raggiunto con selpercatinib vs. 1.9 mesi con la terapia standard, hazard ratio 0.34, intervallo di confidenza al 95% 0.20 – 0.55).

L’analisi di sopravvivenza globale non risulta ancora matura al momento dell’analisi riportata nella pubblicazione, che non ha evidenziato differenze significative tra i due bracci dello studio. Circa il 60% dei pazienti assegnati al braccio di controllo e andati incontro a progressione di malattia hanno ricevuto crossover con il selpercatinib, e un ulteriore 15% ha ricevuto altri farmaci diretti contro il medesimo target.

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori sottolineano la superiore efficacia dimostrata da selpercatinib rispetto alla chemioterapia (con o senza immunoterapia) come trattamento di prima linea. Anche l’informazione sullo stato di RET, quindi, necessariamente deve essere acquisita al momento della scelta del trattamento di prima linea, al pari di altre alterazioni molecolari target per le quali altri farmaci hanno già dimostrato superiorità rispetto alla chemioterapia.

Il crossover, che ovviamente ha riguardato un’elevata percentuale di casi assegnati al braccio di controllo, renderà problematica l’interpretazione del risultato di sopravvivenza globale, che al momento non risulta significativamente diversa tra i due bracci. D’altra parte, in passato, la superiorità di altri farmaci target per altre alterazioni molecolari, rispetto alla chemioterapia, è stata sancita dal risultato in termini di sopravvivenza libera da progressione (nettamente favorevole al selpercatinib), risposte obiettive (idem) e migliore qualità di vita.

La tossicità del farmaco sperimentale non è trascurabile, ma i risultati osservati nello studio sono stati coerenti con il profilo atteso sulla base dei dati già noti e dell’esperienza precedente.
Al momento, selpercatinib è approvato da EMA per l’impiego in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato RET fusione-positivo, non precedentemente trattati con un inibitore di RET. La scheda AIFA prevede l’impiego in pazienti che abbiano già ricevuto un trattamento di prima linea con chemioterapia a base di platino e/o immunoterapia.