Patologia gastrointestinale
Giovedì, 30 Giugno 2016

Tumore del colon BRAF mutato: usare il bastone o la carota?

A cura di Giuseppe Aprile

Una malattia difficile, cocciuta nella sua cattiveria. Per picchiare col bastone c'è il FOLFOXIRI e bevacizumab di Fotios. Ma se si sceglie la biologia meglio pianificare il doppio o triplo blocco molecolare. E al momento della resistenza, ecco che arriva la nuova idea di Filippo...

Pietrantonio F, et al. MET-driven resistance to dual EGFR and BRAF blockade may be overcome by switching from EGFR to MET inhibition in BRAF mutated colorectal cancer. Cancer Discov. 2016 Jun 20, epub ahead of print

E' noto dalla letteratura la mutazione V600E di BRAF correli con una prognosi particolarmente svantaggiosa e probabilmente con una molto limitata sensibilità ai trattamenti convenzionali disponibili (chemioterapia con 2 farmaci, EGFR-inibitori).

Oggi, la strategia per arrestare la malattia colorettale metastatica con mutazione di BRAF è duplice.

Da un lato abbiamo la possibilità di picchiare duro, utilizzando un trattamento ad alta intensità. Una serie di report del gruppo pisano (Loupakis F, et al. Eur J Cancer 2014) e l'analisi di sottogruppo dello studio TRIBE (Loupakis F, et al. N Engl J Med 2014) hanno dimostrato come il trattamento con FOLFOXIRI e bevacizumab possa migliorare l'outcome in questa particolare condizione molecolare.

Esiste però anche una seconda strategia, forse più seducente, quella di colpire simultaneamente specifici punti della pathway di BRAF, con un doppio o triplo blocco ottenuto con terapie target specifiche. Ad esempio, utilizzando una combinazione di EGFR-inibitore + BRAF inibitore (cetuximab + vemurafenib) ovvero una triplice associazione che oltre ai precedenti includa anche l'inibitore di MEK (panitumumab, dabrafenib e trametinib). Nonostante questo multiplo blocco molecolare, la malattia può sviluppare meccanismi di resistenza, come riportato nell'esperienza pubblicata su Cancer Discovery, con sviluppo di amplificazione di MET soto la pressione farmacologica esercitata.

Il caso clinico è paradigmatico e l'esperienza supportata da una ricca conferma con esperimenti in vitro.

Il paziente con malattia colorettale avanzanta non resecabile BRAF V600E mutata ha ricevuto inizialmente una combinazione di FOLFOXIRI, riportando una risposta. Al momento della progressione ha ricevuto una combinazione di panitumumab e vemurafenib, quindi TAS 102.

Alla sprogressione la rebiopsia ha dimostrato una amplificazione di MET (circa 5 volte superiore a quella osservata al basale); tale fenomeno è già stato segnalato come meccanismo di resistenza acquisita nel melanoma BRAF mutato trattato con vemurafenib e nel tumore polmonare esposto a EGFR TKI.

Il paziente ha ricevuto la combinazione di crizotinib e vemurafenib con una rapida risposta confermata da differenti indagini di imaging e dall'andamento dei marcatori.

 

Anche nei pazienti con adenocarcinoma colorettale BRAF mutato, l'amplificazione di MET si conferma un meccanismo di resistenza acquisita a inibitori target specifici.

Nel report, la combinazione di MET-inibitore e BRAF-inibitore ha permesso di cortocircuitare questo specifico meccanismo di resistenza acquisita.

Tale combinazione potrebbe essere studiata come trattamento di seconda linea per pazienti con adenocarcinoma colorettale BRAF mutato dopo progressione ad una prima linea con EGFR-inibitore in combinazione a BRAF-inibitore (+/- MEK-i) ovvero in prima linea nei pazienti BRAF mutati in cui si dimostri ab initio una amplificazione di MET (circa il 15% dei casi nell'esperienza milanese), potenziale meccanismo di resistenza primaria.

Ricordando il limite della possibile insorgenza di meccanismi di resistenza alternativi in differenti lesioni metastatiche guardiamo con grande fiducia al futuro: il viaggio della medicina oncologica di precisione è appena cominciato.